State per iniziare a leggere l’ottavo numero della newsletter di Quattro Bit. È andata bene: le nuove iscrizioni sono proseguite con costanza anche durante gli ultimi giorni, dunque abbiamo raggiunto la quota di 103 iscritti. A tutti coloro che hanno contribuito a far raggiungere questo obiettivo in poco più di un mese, grazie davvero!
Ora che c’è un po’ di materiale a disposizione da consultare, ho provveduto a organizzarlo un minimo: da adesso in poi ogni articolo avrà, oltre alla categoria, una doppia numerazione nel sottotitolo; in tutta probabilità gli aggiornamenti seguiranno cioè un andamento “a stagioni”, come le serie tv. Andremo a concludere a ridosso dell’estate questo primo blocco che state leggendo, quando ci prenderemo una prima pausa.
Ma ci sarà tempo per parlare di questo; intanto mantengo la promessa fatta la settimana scorsa, andando a presentare la prima intervista del nuovo corso di Quattro Bit, preceduta da una breve introduzione storica. Le interviste sono sempre state un tratto caratteristico del mio modo di approcciare la storia del videogioco, spero quindi che vengano apprezzate anche adesso in questo nuovo spazio.
Dunque, iniziamo!
Comunque la si pensi sull’argomento, è indubbio che le cosiddette cassette da edicola caratterizzarono e condizionarono profondamente in Italia il mercato del software videoludico per home computer, a partire dal 1984. Sono certo che i lettori regolari della newsletter conoscono perfettamente questo tema, ma per gli altri dirò brevemente che si trattava di compilation periodiche (di solito mensili) che offrivano una selezione di giochi piratati per uno o più computer, coi titoli camuffati in qualche modo, spesso italianizzati con risultati tra il buffo e il risibile.
Complice una legislazione che non tutelava il videogioco in quanto tale (come pure il software in genere), queste pubblicazioni prosperavano nel mercato delle edicole soprattutto tra il pubblico dei più giovani, che spesso le consideravano un equivalente digitale delle “buste sorpresa” in cui trovare ogni mese qualcosa di nuovo con cui divertirsi; riconoscere magari un gioco noto, che avevano visto poco prima nelle sale giochi, pur modificato e alterato in mille modi.
Quanto questo meccanismo abbia danneggiato la regolare filiera della distribuzione, lo abbiamo già analizzato e descritto in altre sedi; in questo caso mi preme invece segnalare che anche vedere l’insieme di quelle pubblicazioni come un blocco unico e coerente è da considerarsi errato.
Infatti, se da un lato c’erano numerosissimi periodici in cui il cartaceo era un mero allegato della cassetta, che si limitava a fornire brevi descrizioni dei giochi (spesso completamente inventate), talvolta il prodotto editoriale era confezionato con cura, fornendo una vera e propria rivista da leggere e conservare.
È il caso di PEEK, il mensile con cassetta allegata pubblicato dalle Editions Fermont, il sodalizio editoriale di Roberto Ferri e Ferdinando Monti (Fer+Mont) che poi, come Edizioni Hobby, realizzerà pubblicazioni fondamentali per lo sviluppo della cultura del videogioco in Italia, Zzap! in primis.
Tra le rubriche più interessanti di PEEK c’era senz’altro L’uomo e il computer, scritta da Aldo Spinelli, una vera e propria storia del calcolo automatico. Spinelli, classe 1948, «artista che ha sempre operato servendosi della matematica come mezzo e come attitudine mentale», mese dopo mese presentava i fondamenti della storia dell’informatica, dagli automi a Babbage, da Hollerith fino ai primi flipper meccanici. Particolarmente utile per gli argomenti di cui ci occupiamo è il numero 7, in cui si parla del concetto di videogioco, legato al mito e alla fiaba:
Per questo gli antenati dei videogiochi non sono i giochi olimpici bensì i tornei medievali. Non sono i chiassosi e divertenti giochi all’aperto ma le solitarie avventure negli antri oscuri di brivido di un luna-park. Risalendo ancor più indietro nel tempo è la ricerca del Minotauro nel labirinto… lo stesso labirinto di fantasmi e pillole energetiche (le ha disseminate Arianna per darti una mano, ormai il trucco del filo lo conoscevano tutti…) che ritroviamo in PACMAN.
Nell’intervista che segue ripercorriamo quindi la genesi di questa rubrica e parte della storia di PEEK, buona lettura.
Lei è stato un collaboratore esterno della Fermont al fine di realizzare la pubblicazione a puntate di una storia dell'informatica, "L'uomo e il computer": mi interesserebbe sapere in che modo è nato questo progetto di scrittura, dato che non credo fosse prassi di tutti i giorni, in quel periodo, occuparsi dei computer dal punto di vista storico. Come è arrivato quindi a contattare la Fermont?
Non ricordo proprio come sono entrato in contatto con la coppia Ferri e Monti. Forse tramite Eugenio Balduzzi, in quegli anni direttore della Domenica Quiz (Rizzoli) alla quale collaboravo. Mi esposero il progetto che mi vedeva del tutto estraneo, occupandomi sì di giochi ma non di videogiochi. Ma ero altrettanto appassionato di curiosità storico/scientifiche e apprendista utilizzatore di VIC-20 e Commodore 64, con i quali producevo alcune mie opere artistiche.
Ho allora proposto una rubrica che girovagasse nella preistoria (e poi la storia) di queste macchine. Pomeriggi alla Biblioteca Sormani e fotocopie di libri e articoli con un recondito secondo scopo, quello di poter pubblicare con la loro casa editrice qualcosa di più serio (sic!) e di più "mio". Da parte loro, totale carta bianca sulla scelta degli argomenti e dei contenuti. Io recuperavo anche le immagini senza badare troppo a eventuali copyright…
Questa storia dell'informatica pubblicata a puntate su PEEK non è mai stata ripubblicata in volume, è così?
È vero, non è mai stata raccolta in volume.
Parlando della rivista, sa per caso qualcosa sui motivi per cui fu decisa la pubblicazione di PEEK nel dicembre del 1984? A quanto ne so, è stata la prima rivista in assoluto realizzata dalla Fermont per il circuito edicola. GO GAMES invece fu pubblicata solo l'anno successivo.
La coppia Ferri-Monti ha avuto naso e idee estremamente innovative; quella dei videogiochi è stata a mio parere vincente, soprattutto considerando il momento in cui ben pochi credevano in quella nuova forma di gioco (io compreso).
Sì, PEEK è stata la prima (se le interessa, ho la collezione in originale) seguita poi da GO GAMES (con la ristampa dei miei articoli) e forse anche da altre testate di cui non so nulla. Mi ricordo soltanto che all'inizio erano abbinate al cartaceo delle cassette audio che con il registratore si collegavano a VIC e 64 (o Spectrum?)
Se vuole dare un'occhiata, PEEK è stata fortunatamente raccolta in digitale dal sito Edicola8bit. In ogni caso sì, le cassette audio contenevano giochi per Commodore 64 e VIC-20 (nel caso di PEEK), Commodore 64 e Spectrum (POKE) e Commodore 64 e Commodore 16 (GO GAMES), un indicatore del fatto che il C64 dal 1985 in poi è stato il computer di maggior successo in Italia.
Ahimè, scopro solo ora che la mia collezione arriva al numero 12, più qualche numero di GO GAMES. Da qualche parte conservo i manoscritti delle mie rubriche…
Ricorda chi faceva parte della redazione di Fermont e quale era la sua sede? Intendo, quali erano le persone con cui lei era entrato in contatto? Personalmente so solo che la proprietà dell'azienda era (appunto) di Ferri e Monti, gli stessi che poi fonderanno le Edizioni Hobby e la Xenia.
Che io sappia c'era soltanto una giovane giornalista in redazione (Elisabetta, ma non ricordo il cognome. So solo che poi è andata al quotidiano Avvenire). La redazione era in via Cialdini.
Dovrebbe trattarsi credo di Elisabetta Broli, che dal 1986 risultava direttore responsabile di tutti i mensili delle Edizioni Hobby: Zzap!, Epic 3000, Explorer e Viking.
Esatto: Elisabetta Broli.
Visti i suoi interessi, immagino che lei abbia collaborato anche a un'altra rivista della Fermont, cioè "Il Belpaese", che periodicamente proponeva dei giochi da tavolo.
Certo, il BelPaese (un gioco al mese) è stata un'idea mia e di Giuseppe Meroni: una rivista/gioco da tavolo fatta in casa in tempo reale e basata su un fatto di cronaca, economia, politica, costume, ecc. (Anche di questa posseggo copie e documentazione). Secondo me, altra grande idea che non ha avuto però un necessario supporto pubblicitario, per cui è morta dopo alcune uscite.
Con la Xenia ho poi realizzato "Il Grande manuale dei giochi da tavolo" (1996). Anche questo libro è stato da me scritto, illustrato e impaginato con Mac: non c’è stato editing o qualsiasi intervento degli editori. Può forse interessarla poiché è stato realizzato tutto "in casa" (con un software, Appleworks, che ormai è d’antiquariato…)
Ne ha accennato all'inizio, mi può parlare di come utilizzava il VIC-20 e il C64 per la produzione di immagini artistiche al computer?
Circa il mio lavoro artistico, non è così semplice e sbrigativo. Le consiglio di dare un'occhiata a "Il libro dei Giochi della Domenica Quiz" (BUR Rizzoli, 1984) dove compaiono alcuni giochi miei realizzati con il VIC-20 (visivi e anche listati in Basic).
Circa la computer-art, ricordo la prima mostra realizzata con Olivetti da Maria Grazia Mattei e Silvio Ceccato (1985 Machina – Museo Nazionale P.A. Garda – Ivrea) e quella di Parigi (1985 Les immateriaux - Centre Pompidou – Parigi).
Tra i miei lavori artistici ci tengo a sottolineare "la forma della firma": un programma da me realizzato in BASIC che opera sui dati numerici (coordinate cartesiane) della mia firma tracciata su carta millimetrata per trasformarla in centinaia di modi.
Oltre alle immagini stampate, credo di possedere ancora il floppy disk (per Commodore 64 Executive, che conservo tuttora insieme agli altri paleocomputer) ma soprattutto ho il video (durata circa 2 ore) che è stato ricavato prima in VHS e ora in DVD.
Seguendo il consiglio di Aldo Spinelli ho recuperato una copia de “Il libro dei giochi della Domenica Quiz”, scoprendo una pubblicazione molto interessante e per certi versi unica, nel suo connubio tra enigmistica e computer. Da essa ho deciso di digitalizzare per voi un listato per VIC-20 inespanso che offro in esclusiva, “Le Meteolettere”, un gioco didattico piuttosto interessante.
A questa intervista si aggiunge dunque anche il recupero di un frammento digitale proveniente da un tempo ormai lontano; scaricabile, come al solito, da Dropbox e utilizzabile con qualunque emulatore di VIC-20.
L’ottavo numero della newsletter si chiude qui ed è stato inviato a 103 (+6) persone. La mia speranza è di creare un ambiente rilassato, serio e piacevole per condividere con voi idee e approfondimenti su questi temi; ancor di più, costruire un ecosistema autosufficiente capace di sfuggire ai social network e ai loro ritmi. Se conoscete qualcuno interessato alla storia dei videogiochi e dei computer segnalategli quindi Quattro Bit, che può crescere solo grazie al passaparola. A presto!
Questa intervista, ma soprattutto la citazione in premessa dell’origine ideale del videogioco nel medioevo e la sua affinità con la fiaba, mi ha riportato a un recente passato che interseca bene queste posizioni.
Nel 2017 fui invitato dall’amico Roberto Buttafarro (ahimé scomparso) a partecipare al convegno “Effectus mirabilis. Medioevo e cinepoetica dello stupore”, dedicato a Giovanni Pastrone e alla sua arte (Pastrone, per chi non lo sapesse, è considerato uno dei massimi esponenti della settima arte, regista sublime quanto a effetti speciali quali quelli sviluppati per Cabiria, il più famoso e impressionante film muto prodotto in Italia). Nella due giorni astigiana, si confrontarono famosissimi studiosi medievalisti esperti della fenomenologia dello stupore e delle macchine da “effetto speciale” del periodo e esperti di effetti digitali o, come e me, di realtà immersiva. In quell’occasione, Filippo Costanzo (che era stato direttore R&D and emerging technologies della Activision), espresse un parere molto simile sostanziandolo in modo molto articolato.
Questo per dire che anche nel più verticale e ristretto dei convegni di medievalisti, la continuità evolutiva del fiabesco è considerata convergere almeno in parte nel videogioco.
Stupenda. E te lo dice un non vedente, appassionato di storia dei computer, che negli anni 80 ci vedeva, ma che ora si può arricchire solo leggendo, anzi, ascoltando, queste storie. Grazie di scriverle.