Questa intervista, ma soprattutto la citazione in premessa dell’origine ideale del videogioco nel medioevo e la sua affinità con la fiaba, mi ha riportato a un recente passato che interseca bene queste posizioni.
Nel 2017 fui invitato dall’amico Roberto Buttafarro (ahimé scomparso) a partecipare al convegno “Effectus mirabilis. Medioevo e cinepoetica dello stupore”, dedicato a Giovanni Pastrone e alla sua arte (Pastrone, per chi non lo sapesse, è considerato uno dei massimi esponenti della settima arte, regista sublime quanto a effetti speciali quali quelli sviluppati per Cabiria, il più famoso e impressionante film muto prodotto in Italia). Nella due giorni astigiana, si confrontarono famosissimi studiosi medievalisti esperti della fenomenologia dello stupore e delle macchine da “effetto speciale” del periodo e esperti di effetti digitali o, come e me, di realtà immersiva. In quell’occasione, Filippo Costanzo (che era stato direttore R&D and emerging technologies della Activision), espresse un parere molto simile sostanziandolo in modo molto articolato.
Questo per dire che anche nel più verticale e ristretto dei convegni di medievalisti, la continuità evolutiva del fiabesco è considerata convergere almeno in parte nel videogioco.
Evidenziando questo argomento, Marco, letteralmente "mi inviti a nozze", dato che si tratta di una delle suggestioni su cui elaboro da anni e su cui ho raccolto diverso materiale. Non conoscevo questo convegno e mi piacerebbe davvero saperne di più; ho cercato online trovando però solo la locandina e poco altro. Sai per caso se c'è da qualche parte una trascrizione o una registrazione degli interventi? Senz'altro quello di F. Costanzo mi interesserebbe molto.
Riguardo il materiale che citavo, ci sono articoli italiani piuttosto approfonditi già nel 1985 ed ero in contatto anche con la prima persona che fece una tesi di laurea sui videogiochi analizzati in base allo schema di Propp, ma siccome sono delle fonti che vorrei usare per un articolo non le vorrei citare per ora pubblicamente; magari possiamo sentirci in privato su questo? Se vuoi, scrivimi all'e-mail presente qui nell'about, poi da lì ti rimando a quella "vera" :)
Personalmente non sono molto d'accordo sull'affermazione iniziale a proposito delle "buste sorpresa".
Perlomeno per come la intendo io, una classica busta sorpresa da edicola era una busta di cui una persona ignora parzialmente o totalmente il contenuto fino al momento della sua apertura.
A sua differenza, e perlomeno per quanto riguardava la mia cerchia di conoscenti, ognuno di noi sceglieva oculatamente la rivista in edicola in base alle immagini pubblicate in copertina. In particolare a partire dal 1987 per quanto riguardava me e alcuni amici dotati di computer MSX, quando ormai i giochi per il sistema iniziavano a scarseggiare il rischio di portarsi a casa doppioni era molto elevato.
L'unica eccezione che mi torna in mente era rappresentata dalle edizioni Edigamma, che non riportavano mai immagini ma che in compenso costavano relativamente poco.
Per il resto, ottimo ed appassionante articolo scritto con un taglio professionale. Complimenti.
Sì, ma se rifletti in particolare sul periodo 1984-1986, quello di cui si parla a proposito di Peek, gli unici a farlo erano quelli della SIPE: il resto delle pubblicazioni "famose", a parte la già citata Pubblirome/Edigamma coi piccoli manualetti senza grafica, era composto in sostanza da Linguaggio Macchina di Edizioni Foglia (con un singolo screenshot in copertina), da Logica 2000 con un paio di collane e supplementi (di solito con un disegno grafico e niente screenshot), con Com 64 di Load'n'run (senza screenshot) e appunto con la Fermont che iniziò senza, e poi ne mise solo una parte (circa metà dei giochi effettivi). Come si vede, le occasioni di comprare giochi a scatola chiusa erano la maggioranza se ci si riferisce al periodo di Peek.
Stupenda. E te lo dice un non vedente, appassionato di storia dei computer, che negli anni 80 ci vedeva, ma che ora si può arricchire solo leggendo, anzi, ascoltando, queste storie. Grazie di scriverle.
Grazie tante, Alessandro, mi fa molto piacere. Da sempre cerco di fare attenzione all'usabilità e all'accessibilità delle cose che scrivo, ma per me Substack è una dinamica nuova e la sto ancora esplorando, quindi approfitto per chiederti: come ti trovi, è abbastanza usabile?
In particolare sto notando adesso (non me ne ero accorto in precedenza) che le immagini possono prevedere anche un alt text oltre alla didascalia, sarebbe utile aggiungerlo? Fammi sapere
L'abitudine di etichettare con tag alt le immagini è assolutamente da portare avanti, quindi grazie se lo farai. In generale, è difficile farsi un'idea. Non conoscevo Substack . Per dirti, con Firefox è molto + accessibile che con Chrome. Abbiamo passato mesi in cui Chrome era il top di accessibilità, ora sta un pelo perdendo, ma magari a breve torna il migliore, non è facile stare dietro a tutto ciò. Non che a me interessi, ma me basta avere un browser veloce e accessibile. Ma cmq ci sono una serie di regole di accessibilità che si possono rispettare per avere un sito accessibile, al di la del browser che si utilizza. Spesso anche le email automatiche che riceviamo sono poco accessibili, queste di Substack non sono una gran cosa, ma si riescono cmq a leggere e a sfruttare per cliccare sul reply. Grazie cmq per l'attenzione che dai alle tematiche di accessibilità e usabilità.
Chiarissimo, grazie. Gli alt text li implementerò su tutte le immagini a partire dal prossimo numero della newsletter: onestamente l'avrei fatto anche prima, se i menu delle opzioni sulle immagini fossero stati più evidenti. Un saluto
Quanto è bello leggere queste interviste! Conoscere i retroscena e le vicissitudini di quel periodo, mi rende sempre felice. Andrea, grazie come sempre per il tuo lavoro!
Grazie molte del commento, Giosuè. Anche io sono molto contento di proporre contenuti di questo tipo, che nascono ovviamente solo grazie alla disponibilità e la cortesia degli intervistati, quindi gran parte del merito va a loro!
Questa intervista, ma soprattutto la citazione in premessa dell’origine ideale del videogioco nel medioevo e la sua affinità con la fiaba, mi ha riportato a un recente passato che interseca bene queste posizioni.
Nel 2017 fui invitato dall’amico Roberto Buttafarro (ahimé scomparso) a partecipare al convegno “Effectus mirabilis. Medioevo e cinepoetica dello stupore”, dedicato a Giovanni Pastrone e alla sua arte (Pastrone, per chi non lo sapesse, è considerato uno dei massimi esponenti della settima arte, regista sublime quanto a effetti speciali quali quelli sviluppati per Cabiria, il più famoso e impressionante film muto prodotto in Italia). Nella due giorni astigiana, si confrontarono famosissimi studiosi medievalisti esperti della fenomenologia dello stupore e delle macchine da “effetto speciale” del periodo e esperti di effetti digitali o, come e me, di realtà immersiva. In quell’occasione, Filippo Costanzo (che era stato direttore R&D and emerging technologies della Activision), espresse un parere molto simile sostanziandolo in modo molto articolato.
Questo per dire che anche nel più verticale e ristretto dei convegni di medievalisti, la continuità evolutiva del fiabesco è considerata convergere almeno in parte nel videogioco.
Evidenziando questo argomento, Marco, letteralmente "mi inviti a nozze", dato che si tratta di una delle suggestioni su cui elaboro da anni e su cui ho raccolto diverso materiale. Non conoscevo questo convegno e mi piacerebbe davvero saperne di più; ho cercato online trovando però solo la locandina e poco altro. Sai per caso se c'è da qualche parte una trascrizione o una registrazione degli interventi? Senz'altro quello di F. Costanzo mi interesserebbe molto.
Riguardo il materiale che citavo, ci sono articoli italiani piuttosto approfonditi già nel 1985 ed ero in contatto anche con la prima persona che fece una tesi di laurea sui videogiochi analizzati in base allo schema di Propp, ma siccome sono delle fonti che vorrei usare per un articolo non le vorrei citare per ora pubblicamente; magari possiamo sentirci in privato su questo? Se vuoi, scrivimi all'e-mail presente qui nell'about, poi da lì ti rimando a quella "vera" :)
Personalmente non sono molto d'accordo sull'affermazione iniziale a proposito delle "buste sorpresa".
Perlomeno per come la intendo io, una classica busta sorpresa da edicola era una busta di cui una persona ignora parzialmente o totalmente il contenuto fino al momento della sua apertura.
A sua differenza, e perlomeno per quanto riguardava la mia cerchia di conoscenti, ognuno di noi sceglieva oculatamente la rivista in edicola in base alle immagini pubblicate in copertina. In particolare a partire dal 1987 per quanto riguardava me e alcuni amici dotati di computer MSX, quando ormai i giochi per il sistema iniziavano a scarseggiare il rischio di portarsi a casa doppioni era molto elevato.
L'unica eccezione che mi torna in mente era rappresentata dalle edizioni Edigamma, che non riportavano mai immagini ma che in compenso costavano relativamente poco.
Per il resto, ottimo ed appassionante articolo scritto con un taglio professionale. Complimenti.
Sì, ma se rifletti in particolare sul periodo 1984-1986, quello di cui si parla a proposito di Peek, gli unici a farlo erano quelli della SIPE: il resto delle pubblicazioni "famose", a parte la già citata Pubblirome/Edigamma coi piccoli manualetti senza grafica, era composto in sostanza da Linguaggio Macchina di Edizioni Foglia (con un singolo screenshot in copertina), da Logica 2000 con un paio di collane e supplementi (di solito con un disegno grafico e niente screenshot), con Com 64 di Load'n'run (senza screenshot) e appunto con la Fermont che iniziò senza, e poi ne mise solo una parte (circa metà dei giochi effettivi). Come si vede, le occasioni di comprare giochi a scatola chiusa erano la maggioranza se ci si riferisce al periodo di Peek.
Stupenda. E te lo dice un non vedente, appassionato di storia dei computer, che negli anni 80 ci vedeva, ma che ora si può arricchire solo leggendo, anzi, ascoltando, queste storie. Grazie di scriverle.
Grazie tante, Alessandro, mi fa molto piacere. Da sempre cerco di fare attenzione all'usabilità e all'accessibilità delle cose che scrivo, ma per me Substack è una dinamica nuova e la sto ancora esplorando, quindi approfitto per chiederti: come ti trovi, è abbastanza usabile?
In particolare sto notando adesso (non me ne ero accorto in precedenza) che le immagini possono prevedere anche un alt text oltre alla didascalia, sarebbe utile aggiungerlo? Fammi sapere
L'abitudine di etichettare con tag alt le immagini è assolutamente da portare avanti, quindi grazie se lo farai. In generale, è difficile farsi un'idea. Non conoscevo Substack . Per dirti, con Firefox è molto + accessibile che con Chrome. Abbiamo passato mesi in cui Chrome era il top di accessibilità, ora sta un pelo perdendo, ma magari a breve torna il migliore, non è facile stare dietro a tutto ciò. Non che a me interessi, ma me basta avere un browser veloce e accessibile. Ma cmq ci sono una serie di regole di accessibilità che si possono rispettare per avere un sito accessibile, al di la del browser che si utilizza. Spesso anche le email automatiche che riceviamo sono poco accessibili, queste di Substack non sono una gran cosa, ma si riescono cmq a leggere e a sfruttare per cliccare sul reply. Grazie cmq per l'attenzione che dai alle tematiche di accessibilità e usabilità.
Chiarissimo, grazie. Gli alt text li implementerò su tutte le immagini a partire dal prossimo numero della newsletter: onestamente l'avrei fatto anche prima, se i menu delle opzioni sulle immagini fossero stati più evidenti. Un saluto
Quanto è bello leggere queste interviste! Conoscere i retroscena e le vicissitudini di quel periodo, mi rende sempre felice. Andrea, grazie come sempre per il tuo lavoro!
Grazie molte del commento, Giosuè. Anche io sono molto contento di proporre contenuti di questo tipo, che nascono ovviamente solo grazie alla disponibilità e la cortesia degli intervistati, quindi gran parte del merito va a loro!