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Avatar di Marco Fanciulli

Questa intervista, ma soprattutto la citazione in premessa dell’origine ideale del videogioco nel medioevo e la sua affinità con la fiaba, mi ha riportato a un recente passato che interseca bene queste posizioni.

Nel 2017 fui invitato dall’amico Roberto Buttafarro (ahimé scomparso) a partecipare al convegno “Effectus mirabilis. Medioevo e cinepoetica dello stupore”, dedicato a Giovanni Pastrone e alla sua arte (Pastrone, per chi non lo sapesse, è considerato uno dei massimi esponenti della settima arte, regista sublime quanto a effetti speciali quali quelli sviluppati per Cabiria, il più famoso e impressionante film muto prodotto in Italia). Nella due giorni astigiana, si confrontarono famosissimi studiosi medievalisti esperti della fenomenologia dello stupore e delle macchine da “effetto speciale” del periodo e esperti di effetti digitali o, come e me, di realtà immersiva. In quell’occasione, Filippo Costanzo (che era stato direttore R&D and emerging technologies della Activision), espresse un parere molto simile sostanziandolo in modo molto articolato.

Questo per dire che anche nel più verticale e ristretto dei convegni di medievalisti, la continuità evolutiva del fiabesco è considerata convergere almeno in parte nel videogioco.

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Avatar di Alessandro

Stupenda. E te lo dice un non vedente, appassionato di storia dei computer, che negli anni 80 ci vedeva, ma che ora si può arricchire solo leggendo, anzi, ascoltando, queste storie. Grazie di scriverle.

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