State per iniziare a leggere il nono numero della newsletter di Quattro Bit; esce eccezionalmente di venerdì, dato che ieri (2 giugno) era un festivo. In questi giorni altre cinque persone si sono unite al gruppo, raggiungendo quindi la quota di 108 iscrizioni e un incremento per fortuna ancora costante.
Prima di cominciare, un breve commento su una questione tecnica che mi è stata segnalata e che confermo: sì, credo che Substack non funzioni correttamente al 100% se ci si iscrive con e-mail temporanee (le "usa e getta", insomma) o altri tipi analoghi di alias. La cosa che posso consigliare, se si hanno particolari esigenze di privacy e non si possiede un'e-mail secondaria da destinare allo scopo, è di seguire gli aggiornamenti mediante i feed rss e non con l'iscrizione.
Detto questo, iniziamo!
Uno degli eventi che vengono più spesso citati in modo erroneo, nella storia dei videogiochi, è il cosiddetto "video game crash" statunitense del 1983, presentato invece quasi sempre come un fatto globale.
In sostanza questo fu legato ai problemi finanziari di Atari (e in particolare Atari Inc., la "casa madre") che, nel giro di un lasso di tempo non particolarmente lungo, portarono quella che era la società leader del mercato a dissolversi; la Warner decise infatti lo smembramento della stessa e la vendita della sua sezione più importante, la parte "home", a Jack Tramiel, il patron di Commodore che era stato estromesso dalla sua azienda.
Ma questi cambiamenti radicali come furono percepiti in Europa e, in particolare, in Italia? In realtà non ci fu un impatto diretto nell'immediato, quanto piuttosto una serie di conseguenze indirette legate alle società controllate da Atari, che facevano tutte capo ad Atari International, compresa la “succursale” italiana, Atari International (Italy).
Come mi è stato confermato di recente da Bennet Goldberg (che avevo intervistato approfonditamente nel 2019 e che ringrazio), la figura chiave dell'espansione di Atari nel mercato europeo era stata quella di Anton Bruehl, dato che sotto la sua presidenza si erano formate tutte le controllate (UK, France, Germany, Benelux e Italy) e, in particolare, era stato lui a nominare Massimo Ruosi come General Manager italiano, quando Atari aveva rilevato da Melchioni la distribuzione locale a partire da maggio 1983.
Quando leggo che Atari in Italia fece fatica a imporsi soprattutto nel settore dell'home computing, mi accorgo che i commentatori non si rendono conto della timeline strettissima in cui il management italiano si trovò a lavorare, dato che trascorse un solo anno dalla formazione della filiale all'implosione di Atari Inc., dato che quest’ultima avvenne già nell'estate del 1984.
Atari in Italia quindi andava bene o male? Andava molto bene, a giudicare dai dati forniti in anni recenti da Klaus Ollman, general manager tedesco. L'Italia, nel 1984, pur avendo il minor numero di impiegati tra le varie filiali (22, contro i 25 del Benelux, 50 dell'Inghilterra, 56 della Francia e 87 della Germania) aveva già realizzato oltre 9 milioni di dollari di utili netti, superando il Benelux.
Nel periodo che stiamo considerando la strategia di Bruehl era molto chiara, tentando di creare in Europa non solo delle filiali commerciali, ma veri e propri team di sviluppo, che avrebbero dovuto adattare i giochi americani e crearne di nuovi, maggiormente affini al gusto dei Paesi in cui operavano. In questo senso sono da citare almeno i team di Londra, Amburgo e Parigi e i primi tentativi di acquisizione di diritti, come i personaggi di Asterix e Obelix per la Francia. Nel più classico dei "what if", chissà cosa sarebbe successo davvero in Europa se tutti gli intendimenti e i progetti di Atari fossero andati in porto, con più tempo a disposizione.
Nell’autunno del 1983 venne organizzato da Bruehl un tour promozionale per presentare alla stampa europea le attività di Atari e, per quanto riguarda l'Italia, fu intervistato dal settimanale Epoca. Dall'articolo originale estrapolo alcune delle domande che gli sono state poste e che fanno riferimento, nello specifico, anche alla nostra situazione locale.
Ringrazio per la digitalizzazione il sito Petites Ondes e invito i lettori della newsletter a visitarlo e a sostenerlo con una donazione, se possibile. Segnalo che, tra i pdf già offerti gratuitamente al pubblico, c'è il prezioso numero di Epoca del 1959 in cui era presente un articolo a colori sulla Olivetti. Si tratta di un importante articolo storico che vi consiglio davvero di leggere.
Tra le varie domande, venne chiesto ad Anton Bruehl di ripercorrere la storia di Atari e lui rispose:
Io sono un manager e sono arrivato dopo, quando l'azienda non era più un'iniziativa personale e quasi familiare, ma la consociata di un gruppo internazionale, la Warner Communications, che acquistò l'Atari da Bushnell nel 1976. Quindi non posso descrivere tutte le tappe fin nei dettagli. A grandi linee, tuttavia, è andata così. Mister Bushnell ideò nel '72 il primo videogioco, "Pong", ma l'accoglienza iniziale fu tiepida: la gente era perplessa, dubbiosa, faceva difficoltà ad accogliere una novità così travolgente. E cioè che una macchina, un insieme di vetro, plastica, metallo e cavi elettrici, diventasse un compagno di giochi. Era una "bomba" anche per l'America e il successo arrivò infatti soltanto nel '76.
A un certo punto, viene interrogato su quale fosse il reale “pubblico pagante” dei videogiochi Atari, se i giovani o i loro genitori.
Gli uni e gli altri. I padri acquistando l'hardware, e cioè la macchina per giocare, che richiede l'investimento più impegnativo: in seguito sono i ragazzi ad arricchire la loro biblioteca di giochi, risparmiando soldo su soldo. Ma spesso la situazione si capovolge e i genitori rubano il videogame ai figli e ne diventano dei patiti. Lo stesso accadeva una volta con i trenini elettrici.
Uno dei momenti più interessanti dell’intervista (e l’ultimo che propongo per oggi) è una riflessione sull’inserimento dei computer nella scuola, e le differenze tra gli Stati Uniti e l’Italia.
Come vi ha accolti la scuola americana?
All'inizio ci sono state molte controversie, non lo nascondo. Ma il tempo ci ha dato ragione. Ora in tutte le scuole e università americane il piccolo elaboratore con cui studiare e giocare è diventato abituale come il banco e la lavagna. Viene usato per lo studio della matematica, delle lingue, della geometria, per sviluppare la logica e il ragionamento. E in un tempo infinitamente più breve rispetto ai metodi tradizionali.
In America il pragmatismo è di casa e queste novità hanno avuto vita abbastanza facile. Ma quale accoglienza pensate di trovare in una scuola tradizionalistica come quella italiana?
L'ingrediente principale per la nostra penetrazione in questo settore sarà solo il tempo. Ci vorranno alcuni anni, ma siamo certi che nel futuro gli europei si sentiranno più attratti da queste novità di quanto non lo siano oggi gli americani. Noi, negli Usa, abbiamo meno spirito critico e ogni novità, qualsiasi novità, ci entusiasma. Il mercato italiano, invece, è più sofisticato e smaliziato. Dipende quindi dalle aziende offrire un prodotto di qualità, serio e possibilmente con un prezzo interessante. A quel punto il successo sarà assicurato. Ma, ripeto, è solo questione di tempo.
Il nono numero della newsletter si chiude qui ed è stato inviato a 108 (+5) persone. La mia speranza è di creare un ambiente rilassato, serio e piacevole per condividere con voi idee e approfondimenti su questi temi; ancor di più, costruire un ecosistema autosufficiente capace di sfuggire ai social network e ai loro ritmi. Se conoscete qualcuno interessato alla storia dei videogiochi e dei computer segnalategli quindi Quattro Bit, che può crescere solo grazie al passaparola. A presto!
Ottimo articolo, come al solito, Andrea.
Anni fa' scrissi una piccola recensione su/per Retrogaming History in cui il protagonista principale era il videogioco di Asterix per Atari 2600.
Le fonti da me utilizzate per scrivere questo articolo sono state VideoGiochiJackson e... mio fratello :D . Sì, sempre "quel" fratello di 9 anni "meno giovane" di me (è del '61). già citato in una mia risposta a proposito di uno degli articoli di 4bit precedenti a questo, che mi ha aiutato non poco a ricordare e in un qual modo "autenticare" (perdonatemi il termine) alcuni dei ricordi e ad effettuare ricerche in grado di "suffragare" quello che ci ricordavamo.
Ed in effetti anche in questo caso avav(am)o ragione.
Vi lascio il link per poter dare un'occhiata alla recensione...
https://www.retrogaminghistory.com/articles/recensioni/atari/vcs-2600/232884-asterix-atari-2600