State per iniziare a leggere il decimo numero della newsletter di Quattro Bit: durante questa ultima settimana altre quattro persone si sono unite al gruppo dei lettori regolari via e-mail, abbiamo dunque raggiunto stavolta la quota di 112 iscrizioni.
Siamo arrivati alla "cifra tonda" anche per il numero di newsletter inviate: confesso che inizialmente non avrei creduto di poter mantenere un ritmo settimanale per così tanto tempo ma in realtà sta andando tutto bene, sia in termini di scrittura che di feedback.
Concluderemo quindi regolarmente la prima stagione di Quattro Bit con il numero 12 o 13, poiché devo ancora verificare se riesco a chiudere in tempo uno dei pezzi più elaborati, per poterlo includere oppure "rimandarlo a settembre".
Dato che l'articolo storico che ho trascritto e verificato per voi in questa occasione non è propriamente breve, non mi perdo più di tanto in ulteriori chiacchiere. Quindi, without any further ado, iniziamo.
Ho parlato di trascrizione perché anche stavolta, come accaduto ad aprile, procedo ad aggiungere un nuovo tassello alla rassegna stampa che abbiamo iniziato a costruire qualche anno fa, quando Quattro Bit era ancora un blog/sito.
Questo articolo, tratto dal quotidiano L'Unità del 21 ottobre 1982, mi ha colpito particolarmente perché è una delle pochissime fonti d'epoca che analizza nello specifico la situazione delle riviste di informatica e, proprio per questo, voglio condividerlo adesso con voi.
Appartenente alla sezione "Cultura e spettacolo" de L’Unità e scritto da Edoardo Segantini, si tratta di un'indagine che andava a indagare sullo scopo stesso che una rivista d'informatica doveva porsi, soprattutto nell'ottica della divulgazione al pubblico generalista, necessaria grazie al progressivo affermarsi dell'informatica personale.
Un frammento in particolare mi ha colpito, cioè quando il giornalista affermava che:
Il calcolatore, poi, non è neppure ancora un prodotto di massa. E non è uno status symbol come l'auto, ma un semplice, se così si può dire, strumento di lavoro.
Siamo infatti ancora nel 1982. All'appello mancano in Italia l'introduzione del Commodore 64 e del Sinclair Spectrum, che dettero il via al vero e proprio boom dell'home computing locale, iniziato da ZX81 e VIC-20. E manca anche l’arrivo dell'Apple Macintosh, grazie al quale il personal computer diventerà davvero uno status symbol, per merito del proprio design.
Ecco dunque la trascrizione integrale, buona lettura.
«Zerouno si propone di essere la chiave offerta a tutti per entrare nel mondo dell'informatica». "Zerouno" è un mensile Mondadori nato da poco e la frase è il nucleo centrale di un sintetico proclama editoriale, in cui, appunto, si annuncia un proposito ambizioso: sottrarre l'informazione sul computer alla tortuosità dei gerghi, dei linguaggi oscuri, delle simbologie per addetti ai lavori e consegnarne «la chiave a tutti».
Il brano è tratto dal primo numero del periodico, uscito nel febbraio scorso, ma ecco che già nella rubrica "Caro Zerouno" del numero di maggio si può leggere una lettera in cui il signor Oscar Barani, da Spilimbergo, provincia di Pordenone, scrive: «Ho acquistato i primi due numeri di "Zerouno" e li ho trovati molto interessanti. Faccio parte della categoria dei "neofiti" dell'informatica, alla quale mi sono avvicinato per il timore di far numero con gli "analfabeti del 2000", ossia con coloro che non saranno in grado di interagire con un computer. Faccio molta fatica ad assimilare questa materia anche perché a mio avviso non adoperate un linguaggio che si avvicini alla volgarizzazione.»
Ma è solo una questione di linguaggio? È sulla spinta di questa domanda che, con l'aiuto dell'esperto di informatica Mario Grasso, abbiamo investigato un po' sulle riviste che hanno per oggetto questa materia, cioè l'elaborazione di informazioni mediante computer, perché avevamo, ed abbiamo tuttora, la convinzione che il problema sia infinitamente più complesso. Proviamo ad enunciarlo ridotto ai minimi termini: sentiamo anche noi, bombardati da un'informazione tecnicistica, interessata e spesso acritica sui processi di innovazione, il bisogno di linguaggi più chiari. Ma soprattutto avvertiamo l'esigenza, se ci è consentito lo schematismo, di una vera e propria critica dell'innovazione tecnologica. Ne abbiamo così cercato le tracce, o almeno i tentativi, tra le pagine dei periodici che di queste cose si occupano, perché ci sembravano un punto di osservazione interessante.
Le prime riviste sono nate 20-25 anni fa, ma l'esplosione vera e propria è avvenuta alla fine degli anni 70, in coincidenza con la diffusione dei personal computer, piccoli elaboratori con un'enorme multiformità di impieghi, che ha spinto alcuni a parlare, con una fortissima dose di esagerazione, di una "informatizzazione di massa" ormai alle porte. Oggi in Italia esistono una quarantina di periodici di informatica, molto diversi tra loro per consistenza e attendibilità tecnico-culturali. Per dirla brutalmente, se ne salvano cinque o sei, a voler essere generosi. I migliori, senza dubbio, si collocano alle due estremità dell'arco di tempo considerato: sono i primi nati e gli ultimissimi. I primi si può dire che affondino le proprie radici nell'informatica italiana, i più recenti hanno evitato gli errori dei precedenti.
Un caso per certi versi originale e anomalo è il periodico "Uomini e computer come", prodotto da una cooperativa di Milano, che muove da una domanda ambiziosa: è possibile creare una cultura dell'informatica che prescinda dalla propaganda dei produttori e dei distributori, dalla loro ideologia, dai loro interessi? Il "manifesto" della rivista è l'editoriale che apre il primo numero. La rivista, si legge, cerca un confronto «per rompere il cerchio ristretto delle conoscenze specializzate al singolo punto di vista e per tracciare alla fine un quadro realistico della situazione italiana come è, dunque per provare a capire il "perché", il "cosa fare", il "come muoversi" nella nostra informatica, senza guardarsi di riflesso, imbelliti e/o deformati, nelle culture altrui».
L'intento della rivista il cui titolo già allude a un interesse umanistico, è giusto e intelligente, gli sforzi profusi apprezzabili. Ma l'obiettivo è centrato solo parzialmente. Il «confronto di linguaggi, di idee, di strumenti e di esperienze» annunciato nel programma, in realtà, resta confinato a una dimensione assai ristretta, a un salottino tra specialisti. È pur sempre qualcosa, s'intende, ma non è ciò che ci si era proposti. I temi affrontati sono importanti (il calcolatore, l'automazione e l'organizzazione del lavoro, poniamo), ma il modo di affrontarli resta ancora molto tecnico, molto "al di qua" della complessità degli argomenti.
Non siamo insomma alla soglia della divulgazione critica, ma almeno loro ci provano. Loro. quelli che hanno fondato e che mandano avanti "Uomini e computer come", sono essenzialmente operatori del settore (consulenti) o personaggi del mondo universitario. Non ci sono figure "d'azienda" per una precisa scelta politico-editoriale. Ma di pubblicità hanno bisogno anche loro perché, alternativi o no, di sola scienza non si campa.
Il boom delle riviste di informatica alla fine degli anni Settanta si può ricondurre a una ragione di fondo: la considerazione che, così come altri prodotti di massa (l'auto o la macchina fotografica) avevano sviluppato fortunate iniziative editoriali, lo stesso sarebbe potuto avvenire col calcolatore. Ma questa considerazione si è rivelata per molti aspetti infondata. Anche la macchina da scrivere, per fare un esempio, è un prodotto di massa, ma non ha dato luogo ad alcuna iniziativa editoriale di successo. Il calcolatore, poi, non è neppure ancora un prodotto di massa. E non è uno status symbol come l'auto, ma un semplice, se così si può dire, strumento di lavoro.
Il lettore tipo è, nella grande maggioranza dei casi, un addetto ai lavori. Questo è tanto più vero nel caso di quelle riviste che hanno come oggetto specifico il personal computer. «Il 47% di quanti ci leggono possiede un personal. Sette su dieci di coloro che non ne posseggono uno, neppure autocostruito, intendono acquistarlo entro i prossimi dodici mesi», afferma l'editoriale di "Micro & Personal Computer" del gennaio '82. Periodici come questo sono quasi dei manuali, che in qualche modo esercitano una funzione di supplenza a una informazione insufficiente di supporto sull'uso dei piccoli elaboratori.
Il tentativo è in pratica quello di socializzare le conoscenze e le esperienze. Ma è un tentativo difficile e perseguito in modo non sempre chiaro. In molti casi - la maggioranza - queste riviste diffondono una specie di fanatismo tecnologico acritico, tecnicistico e superficiale, che si riflette anche nel linguaggio giudicato oscuro dagli stessi lettori (che pure di queste cose se ne intendono). A parte le due eccezioni citate, e a parte propositi che restano tali, per quanto abbiamo potuto capire noi, nessuna assolve una funzione di divulgazione e di conoscenza critica dei fenomeni dell'innovazione. eppure questa esigenza è molto sentita.
L'informatica in edicola
A parte il mensile mondadoriano "Zerouno", la dimensione editoriale dei periodici dedicati a informatica e innovazione tecnologica è abbastanza ridotta. Anche le più affermate non raggiungono in media più di due-tremila abbonamenti, mentre la tiratura (in base alla quale è calcolato il prezzo delle inserzioni pubblicitarie) arriva anche a ventimila copie. Con organici redazionali ridotti all'osso, si affidano ai collaboratori esterni, senza contare i comunicati stampa che sono la fonte principale di notizie.
Vediamo in breve quali sono le riviste più diffuse, oltre a "Zerouno" e "Uomini e computer come". Primo nato è, nel '55, "Schede perforate e calcolo elettronico", ribattezzati dieci anni dopo "Sistemi e automazione". Tutto tecnico, senza alcuna concessione alla divulgazione, ha un certo successo dovuto alla scelta di un pubblico ben preciso: i cosiddetti "uomini EDP", cioè gli esperti dei programmi dell'elaboratore.
È invece del '60 "Centri meccanografici ed elettronici", dal '75 "Management e informatica", editore Franco Angeli. Destinato in origine ai capi dei centri meccanografici, è tuttora rivolto a quella parte della direzione d'impresa che ha in qualche modo a che fare con il calcolatore.
Arriviamo al '66 e a "Notizie rapide", poi divenuto "EDP notizie" e, nell'81, "EDP notizie e telematica": la rivista fornisce brevi notizie utili come conoscenza di base.
Oltre a queste riviste storiche restano da segnalare alcune recenti iniziative editoriali, come "Informatica oggi" e "BIT", del gruppo Jackson, la prima indirizzata al pubblico degli specialisti di hardware, cioè la parte meccanica degli elaboratori.
La trascrizione è terminata e, assieme a questa, il decimo numero della newsletter, inviato a 112 (+4) persone. La mia speranza è di creare un ambiente rilassato, serio e piacevole per condividere con voi idee e approfondimenti su questi temi; ancor di più, costruire un ecosistema autosufficiente capace di sfuggire ai social network e ai loro ritmi. Se conoscete qualcuno interessato alla storia dei videogiochi e dei computer segnalategli quindi Quattro Bit, che può crescere solo grazie al passaparola. A presto!
Fonti: L’articolo originale è stato reperito nell’archivio storico de L’Unità, attualmente presente a questo indirizzo.
Ciao Andrea, analisi interessante.
Mi fanno riflettere molto questi due segmenti:
"È possibile creare una cultura dell'informatica che prescinda dalla propaganda dei produttori e dei distributori, dalla loro ideologia, dai loro interessi?"
"...un proposito ambizioso: sottrarre l'informazione sul computer alla tortuosità dei gerghi, dei linguaggi oscuri, delle simbologie per addetti ai lavori e consegnarne «la chiave a tutti»."
Io lo dico sempre che un bravo divulgatore non è quello che ti riempe di aneddoti e retroscena ma colui che ti fa venire la voglia di ricercare e approfondirli.
Grazie.
ottimo ... e bel elenco di riviste "mai viste" dei tempi meccanografici e poco piu :)
butto li' una nota velocissima... il fatto che quel periodo fosse popolato da < i cosiddetti "uomini EDP" > e' uno dei motivi per cui Marinacci ha dato un taglio diverso quasi opposto alla sua creatura MC-Microcomputer ... :-) [il confronto era in particolare con Bit ... tratto da .. chiacchiere in liberta' in una delle interviste-podcast con Santagostino .. ]
PS: si, sto leggendo dei 4-bit con mostruoso ritardo :-\ :-)