Il primo articolo di un nuovo progetto è sempre carico di tensione, e il primo paragrafo un momento particolarmente critico: è l'istante in cui ti giochi gran parte dei lettori, che possono continuare a leggere con interesse oppure addormentarsi dalla noia; cerco quindi un po' bonariamente di sfuggire a questa incombenza semplicemente dando il benvenuto alle persone che si sono iscritte alla newsletter, pur non avendo mai letto gli aggiornamenti di Quattro Bit su Blogspot, senza però dimenticarmi di chi invece segue questa realtà da anni. Per il momento "siamo in 65", quindi grazie a entrambi i gruppi.
Ho deciso di cambiare formula, passando all'invio di una newsletter, per cercare di diminuire la distanza tra chi scrive e chi legge. Ovviamente sarà una newsletter anomala poiché da queste parti non ci sono mai state "news", notizie e novità da descrivere e divulgare; questo formato editoriale quindi verrà deformato e piegato al particolare tema che affrontiamo più o meno nello stesso modo in cui la prima versione di Quattro Bit era archiviata su una piattaforma di blogging, ma senza essere un vero e proprio blog.
Di conseguenza, il passato e il presente condividono il fatto di presentare, volta dopo volta, le singole pagine di un libro cartaceo per il momento immaginario, che si sviluppa e vive solo nella mia testa, ma che spero prima o poi di poter pubblicare. Sempre che qualcuno creda abbastanza nel progetto da permettermi di realizzarlo, insomma.
Detto questo, iniziamo!
Per introdurre l'argomento, devo però prima segnalare a chi non lo conosce il saggio "I Nomi Sui Giochi": Il Ruolo del Cracking nell'Industria Videoludica Italiana (1980-1990), scritto a sei mani (due sono le mie) e che può essere utile come introduzione generale alla storia della pirateria in Italia. Oltre ad acquistare il volume Il videogioco in Italia: Storie, rappresentazioni, contesti, lo si può leggere per esempio su Google Books (sezione 4 dell'anteprima).
Riflettendo sulla diffusione del videogioco nell'Italia del 1984, si può notare come fosse sempre più presente quella dicotomia tra i videogiocatori su console (principalmente legati all'Atari VCS e all'Intellivision di Mattel) e i nuovi giocatori che utilizzavano invece gli home computer (soprattutto Commodore e Sinclair).
Già nel 1983 il VIC-20 è diffuso in decine di migliaia di esemplari sul territorio italiano, e nella primavera di quell'anno iniziava la distribuzione locale delle due macchine che avrebbero caratterizzato gli anni a venire, il Commodore 64 e il Sinclair Spectrum (nella versione con 16K di RAM, e quella più costosa con 48K); anche il "vecchio" Sinclair ZX81, peraltro, continuava a vendere piuttosto bene. Nel 1984, soprattutto nel periodo natalizio, gli home computer ebbero un vero e proprio boom di vendite.
Alcuni dati storici: nella primavera del 1984 la principale rivista del settore in Italia, VideoGiochi della Jackson, generava uno spin-off chiamato proprio Home Computer, destinato al nuovo pubblico di utenti che si stava consolidando e sviluppando. Un anno dopo, nel settembre 1985, le due riviste si sarebbero fuse di nuovo tra loro, con la nuova denominazione Videogiochi & Computer, in cui la parte "Computer" era però preponderante.
Parlando invece di pirateria, nello stesso periodo (primavera 1984) quello che diventerà il principale player della cosiddetta pirateria industriale, la società SIPE di Milano, aveva lanciato la compilation mensile su cassetta Program (dedicata a VIC-20 e Spectrum 16K), seguita subito dopo dalla versione Special, che offriva invece sempre giochi piratati dall'Inghilterra e dagli Stati Uniti, ma per Commodore 64 e Spectrum 48K.
L'iniziativa ebbe un successo tale da far decidere all'editore di pubblicare altre due riviste sostanzialmente analoghe (Playgames e Special Playgames) da affiancarsi ai Program a partire dall'autunno. A fine 1984 un altro editore, la Fermont, iniziò a pubblicare una rivista con cassetta allegata per Commodore 64 e VIC-20 chiamata Peek, ma di questa parleremo meglio in futuro.
È indubbio notare come la vendita dell'hardware legato all'home computing fosse facilitata dalla disponibilità di software ottenibile a bassissimo costo, in un mercato grigio causato da una legislazione che tardava a definire la punibilità della copia del software; in tutto questo gli importatori legali si trovavano in difficoltà, soprattutto quelli che ancora tentavano ancora di vendere cartucce (cartridge) per le console, con un prezzo che poteva variare mediamente dalle 50 alle 80 mila lire dell'epoca: rivalutando queste cifre agli euro del 2022, si parla di un range dai 75 ai 120 euro per un singolo gioco.
In un simile contesto si inseriva il Repro-Vision System di Home Vision, presentato al Salone del Giocattolo di Milano e poi venduto sul territorio nazionale tramite un gruppo di "Repro Vision Center" sparsi sul territorio nazionale, che erano circa una cinquantina nel momento di massima diffusione del sistema. Importato in Italia da un'azienda di Cuneo, La Mini Miniera, questo hardware era stato progettato a Taiwan da una società belga, la GEM; il R.V.S. funzionava in modo estremamente semplice: grazie a una cartuccia riscrivibile, si inseriva questa da un lato del meccanismo e dall'altro il gioco originale da duplicare, con la copia pronta in pochi secondi.
Questo fatto ovviamente scatenò la preoccupazione dei distributori, che definirono questo oggetto «l'aggeggio che fa copiare le cartucce», ma Robert Grant, presidente della GEM cercò di rassicurare tutti affermando che non si trattava di «un sistema per copiare i giochi delle altre marche, ma semplicemente un sistema che permette ai ragazzi che comprano i giochi Home Vision di utilizzare al massimo i loro giochi a un prezzo inferiore di quasi il 50% rispetto a quello attuale della cartucce gioco». I centri di riproduzione cioè avevano per contratto il «diritto di copiare solo le cartucce Home Vision e non quelle di altre marche compatibili Atari".
Facendo rapidamente due conti: la "Repro Cart" e una cartuccia gioco costavano in Italia 150.000 lire; la tessera del Club Home Vision 20.000 lire annue e ogni registrazione al Centro autorizzato 5.000 lire. Se un utente avesse voluto provare in un anno tutti e 20 i giochi del catalogo iniziale Home Vision avrebbe speso 13.500 lire a gioco. Effettivamente, non era poi tanto male.
Le cose non devono però essere andate benissimo alla Mini Miniera, dato che già a fine anno l'iniziativa dei centri autorizzati era praticamente terminata, e la nuova strategia commerciale fu quella di vendere l'intero Repro System agli acquirenti finali, a 170.000 lire, fornendo la possibilità all'utente di copiare (magari mediante prestiti) quello che voleva, quando voleva. Ma anche questo secondo tentativo non ebbe particolare successo, e l'azienda scomparve poi dal radar del mondo videoludico per sempre.
Sarebbe interessante raccogliere l'esperienza di qualche lettore che comprò questo dispositivo all'epoca, e quali furono le sue impressioni sull’uso: se devo descrivere i miei ricordi personali, pur frequentando per i miei acquisti uno dei punti vendita ufficiali presenti nella lista ufficiale della Mini Miniera, non avevo mai sentito parlare di questa possibilità di "noleggio" dei videogiochi, attraverso la copia su eprom.
È probabile che nel mondo di allora, fatto di software concreto e solido, di scatole in cartone o plastica e manuali stampati, queste forme di noleggio fossero anche considerate troppo “avanti” coi tempi per ottenere un successo reale.
Il primo numero della newsletter si chiude qui ed è stato inviato a 65 persone. La speranza è quella di raggiungere la "cifra tonda" il prima possibile. A presto.
Fonti iconografiche: le pubblicità sono tratte dai siti Atarimania e Retroedicola, che ringrazio.
Interessante articolo! (come al solito, direi) 😁... Di "home vision" non avevo mai sentito parlare (ci sta.. La prima cosa che ebbi, dopo pong, fu il Vic20. Al VCS non ero quindi interessato).
Piuttosto la nota sul "noleggio" mi ha riportato alla memoria un negozio di dischi&strumenti musicali che noleggiava(!) le Cartridge del vic20... Quando lo scopri ormai ero un commodoriano "esperto", e feci un po' di dump "a mano", su nastro 😅
('a mano' significa che non avevo un oggetto stile action replay, ma impedivo il bootstrap della card, copiavo la zona di memoria su nastro, e la ricaricavo usando un espansione di ram multi bank, stile la vixen )
Complimenti per il primo numero della newsletter! Spero di leggerne tanti altri!