State per iniziare a leggere il secondo numero della seconda stagione di Quattro Bit: in questa occasione recuperiamo l’abitudine di trascrivere, rileggere e commentare assieme vecchi articoli tratti da riviste specializzate, articoli selezionati perché rilevanti per la storia del videogioco e dell’informatica personale.
Il 1979, per l’Italia, può essere senz’altro considerato il momento in cui inizia a diffondersi la conoscenza (e di conseguenza l’uso) dei cosiddetti “personal” computer: dopo essere stati mostrati come curiosità tecnologiche allo SMAU dell’anno precedente, la loro presenza si consolida grazie alla creazione di fiere ad hoc, come la BIT 79 avvenuta in giugno; alla fondazione di veri e propri computer shop (inizialmente, c’è da dire, presenti soprattutto a Milano); alla pubblicazione di riviste dedicate integralmente all’argomento: BIT della Jackson iniziava infatti le pubblicazioni nel dicembre del ‘78, Micro & Personal Computer nel settembre del ‘79.
Ovvio che l’interesse nei confronti di questo nuovo fenomeno coinvolgesse (e mutasse) anche riviste con temi già consolidati, che gravitavano spesso attorno agli interessi del cosiddetto “hobbista/appassionato di elettronica”, passione che si poteva declinare in molteplici campi, dall’hi-fi alle radio, dagli strumenti musicali ai televisori.
È quindi dal secondo numero di Elettronica 2000 che estrapoliamo questa “presentazione” vera e propria, scritta da Nadia Morresi, in cui noteremo tutte le difficoltà insite nel descrivere un fenomeno ancora conosciuto da pochi, risolte ricorrendo ad analogie con tecnologie già conosciute: si vedrà per esempio come il personal computer nella sua forma classica sia presentato come l’accoppiata tra un televisore (video) e una macchina per scrivere (tastiera).
Elettronica 2000, tra l’altro, sarà importante col passare degli anni anche per la storia della pirateria videoludica che abbiamo già affrontato in più occasioni, poiché nel 1984 generò il mensile su cassetta Load’n’Run per il Sinclair Spectrum, e successivamente COM 64, dedicato invece al Commodore 64.
Per aggiungere un minimo di background storico: nel giugno del 1979, quando l’articolo viene pubblicato, l’Apple II ancora non è stato ufficialmente importato nel nostro Paese; si trovano invece esemplari di Commodore PET (importato dalla Harden) e del TRS-80 (importato dalla milanese Homic, citata alla interno). Buona lettura quindi, ci vediamo alla fine della trascrizione per un paio di note a margine.
PERSONAL COMPUTER
COSA SONO, A COSA SERVONO, DOVE SI TROVANO LE STRAORDINARIE MACCHINE INTELLIGENTI ULTIMA GENERAZIONE.
di Nadia Morresi
Prima o dopo, lo sapevamo, ci si doveva arrivare. Al calcolatore elettronico da utilizzare a casa. Non il semplice addizionatore per i conti che già portiamo in casa, ma il vero e proprio computer che in tale versione si chiama (questa nomenclatura l'han decisa gli americani) personal computer. Già disponibili in pratica in vari negozi e a prezzi tutto sommato abbordabili (anche meno del milione... e costeranno presto molto meno) stanno interessando molti patiti dell'elettronica divertente e utile.
Il personal computer detto anche home computer (da casa) è in sostanza una macchina che, considerate le possibili applicazioni e normalmente il prezzo contenuto, non ha molto da invidiare ai grossi calcolatori che negli anni scorsi abbiamo visto descritti qua e là con aggettivazioni iperboliche. Cerchiamo qui brevemente di descrivere un personal computer e di dare ai nostri lettori alcune informazioni di utilizzazione (a cosa può servire?) e di mercato (dove si trovano, quanto costa un certo modello?).
Ogni computer ha una unità centrale, denominata CPU, che può considerarsi come il cuore dell'intero sistema. Con un microprocessor (come dal prefisso micro... si capisce che tale unità è piccolissima in pratica) oggi è possibile realizzare una unità centrale abbastanza sofisticata che costituisca una CPU. In un personal computer, appunto, un solo microprocessore basta a costituire un'unità centrale: naturalmente è necessario avere qualcosa per comunicare con la CPU e cioè una tastiera; poi è necessaria la memoria per memorizzare dati e istruzioni. Infine servirà un sistema per visualizzare i risultati. In pratica cassette magnetiche e quadro video risolvono il problema. Forse l'unica difficoltà è nel programmare, cioè nel parlare con la macchina.
I costruttori han comunque creato programmi semplici e han codificato i tipi di istruzioni in maniera che le difficoltà non siano insormontabili. In definitiva il personal computer appare come un televisore (quadro video) sopra una macchina da scrivere (tastiera): i congegni elettronici, miniaturizzati e disposti in schede stampate, sono inscatolati nell'interno. Per l'energia occorrente c'è evidentemente un alimentatore incorporato.
A COSA SERVONO
Possono servire a tutto e a niente a seconda dell'abilità dell'utilizzatore. Innanzitutto per gioco: si gioca a dama o a scacchi contro la macchina che è programmata intelligentemente per costituire un avversario che non perdona i nostri errori. Si giocano vari tipi di simulazioni, magari spaziali: un atterraggio sulla Luna o una battaglia stellare. Possono essere giocati tiro a segno, sparatorie varie, complessi incontri sottomarini e chi più ne ha più ne metta.
Al di là dei giochi: rubriche telefoniche, documentazioni varie di casa, programmazione di cantina o di cibi particolari... Oppure ancora programmazione dell'illuminazione di casa, del riscaldamento, di un antifurto super-speciale eccetera. In pratica diciamo, senza timore di essere smentiti, che il personal computer può essere usato in casa per un milione di applicazioni. Al limite basta pensare a un'applicazione e l'home computer può farla.
Oltre alla casa c'è magari l'officina o l'azienda: e allora il personal computer può far conti, emettere fatture, tener conto di paghe e contributi, purtroppo anche di tasse, ovvero vi fa subito il conto di banca. Si tratta di applicazioni che potremmo definire di gestione: anche in tal caso si tratta più di pensare a un'applicazione che poi il computer opportunamente programmato risolve subito il tutto. Interessanti ma da non raccomandare troppo ai giovani che devono imparare da soli... le applicazioni scientifiche e matematiche: risoluzioni di equazioni, logaritmi, seni coseni ed esponenziali.
DOVE SI TROVANO
Il livello di età degli utilizzatori di personal computer varia molto, ma già 12/14 anni bastano per addomesticare la macchina. In Italia son già sorti dei club di appassionati che si ritrovano insieme con idee e progetti adatti per gli home computer. Addirittura c'è un costruttore che fornisce per 400 mila lire un personal computer in kit, cioè in scatola di montaggio! Pensiamo di far cosa utile a tutti i lettori segnalando un indirizzo dove si potranno vedere i personal computer in funzione ma dove soprattutto si può conoscere gente appassionata.
La Homic (Pz. De Angeli 1, Milano, tel. omissis) ha fondato da pochissimo con grosso successo un club (si chiama Cicap) cui ci si iscrive con la modica somma di lire mille. Presentandosi o scrivendo a nostro nome sarete accolti con simpatia. Per saperne di più invitiamo tutti gli interessati a scrivere e comunicare con la redazione della rivista che risponderà a tutte le richieste di informazioni.
Dopo la conclusione dell’articolo, voglio solo aggiungere un paio di note/riflessioni: mi ha colpito ovviamente l’attenzione dedicata all’importanza del gioco nella presentazione di questi personal computer, cosa che allora non era così ovvia.
Nel 1979 siamo in un momento in cui il videogioco è in sostanza ancora sinonimo di sala giochi (tra tutti c’è l’arrivo di Space Invaders), mentre gli infiniti cloni di Pong dominano il “divertimento a casa”; l’Atari VCS infatti verrà distribuito da noi soltanto nell’autunno del 1980. Morresi, per quanto riguarda i computer, non descrive solo derivazioni digitali di classici board game, ma cita anche “simulazioni spaziali”.
In particolare viene citato “l’atterraggio sulla Luna”; si tratta cioè di tutta quella serie di giochi di tipo lunar landing che hanno profondamente caratterizzato il gaming su mainframe negli USA, durante gli anni ‘70, e che erano conosciuti in Italia principalmente per le loro implementazioni sui calcolatori (ovvero, calcolatrici) tascabili. Di questo, se interessa, parleremo in un’altra occasione.
Mi colpisce però soprattutto l’ennesima citazione della Homic, un nome che ricorreva non di rado negli articoli e negli approfondimenti che ho presentato in passato (vi segnalo ad esempio questo, relativo al 1980) e su cui mi soffermerò senz’altro di nuovo, durante questa seconda stagione della newsletter, per sottolinearne meglio il valore. Insomma, come si dice, stay tuned!
Con questo climax, degno dei peggiori (!) serial televisivi, si conclude quindi il quattordicesimo numero (vol. 2, n. 2) della newsletter, inviato a 156 (+7) persone. La mia speranza, lo dico sempre, è quella di creare un ambiente rilassato, serio e piacevole per condividere con voi idee e approfondimenti su questi temi; ancor di più, costruire un ecosistema autosufficiente capace di sfuggire ai social network e ai loro ritmi. Se conoscete qualcuno interessato alla storia dei videogiochi e dei computer segnalategli quindi Quattro Bit, che può crescere solo grazie al passaparola. A presto!
Grazie Andrea per questo pezzo. Viene da dire: che tenerezza! Il contesto (1979) dell'epoca è perfettamente fotografato da questo articolo e dal lessico dell'autrice. Avevo 10 anni e ancora non masticavo informatica personale, l'avrei fatto circa 3 anni dopo e avrei cominciato anche ad acquistare le riviste che pubblicavano molti articoli come questo. Tutto molto bello.
So che si tratta di un'affermazione banale, ma articoli come questo mi fanno pensare ancora di più a come il computer non fosse affatto scontato come oggi. In relazione ai videogiochi, sicuramente interessanti e meritevoli di ulteriore approfondimento gli spunti che l'articolo fornisce e quelli che tu stesso hai indicato.
Vorrei comunque esporre anche un altro pensiero: leggendo, non ho fatto a meno di riflettere sulla nomenclatura utilizzata ("personal computer", "home computer"...) e su come essa sia cambiata nel corso della storia, sia in base alle tecnologie disponibili che in base al "sentire comune". Nello scrivere questo commento, stavo cercando di fare un breve "punto della situazione" ma mi sono poi resa conto che la questione è in realtà più complessa rispetto alle sue apparenze, soprattutto perché, da come mi sembra di capire, da sempre esiste un poco di arbitrarietà nella scelta di un termine anziché di un altro e sulle definizioni. Un "personal computer", a seconda anche del periodo di riferimento, potrebbe essere, per esempio: un generico computer destinato all'uso individuale, appunto personale, ovvero un "termine ombrello" per designare sia computer professionali non mainframe che i computer perlopiù pensati per uso casalingo (sovrapponendosi al concetto di "home computer"); un modo per distinguere i computer IBM e poi gli IBM compatibili dagli stessi "home computer"; il PC come lo intendiamo oggi... e così via.
Sarebbe interessante tentare una ricostruzione, in maniera più sistematica, della percezione del concetto di computer anche dal punto di vista semantico (quindi identificando anche l'origine dell'uso del lessico specifico), a meno che non sia già stata fatta in altri articoli che non ho considerato.