Sta per iniziare il ventisettesimo numero (vol. 3, n. 3) di Quattro Bit, la newsletter che si occupa di ricostruire, frammento dopo frammento, la storia dei videogiochi in Italia. In questa occasione cercheremo di capire qual è stato il momento in cui i videogiochi hanno cominciato a essere chiamati col “proprio nome”, almeno sulla carta stampata.
Torniamo quindi alla vecchia abitudine della “rassegna stampa”, che formalmente serve a costruire una bibliografia ideale della storia videoludica per un libro eternamente “in fieri”, ma che ci offre anche l’occasione di leggere un articolo storico e di poterlo commentare a distanza di tanti anni, per divertirci un po’.
Ho deciso stavolta di uscire dalle solite descrizioni delle grandi città di Milano e Roma, per andare a riportare un articolo del 1978 dal Piccolo di Trieste e vedere come venivano descritti i primi videogiochi in quella realtà. Troviamo quindi una definizione di “video-gioco” scritta tra virgolette e col trattino, come un termine introdotto da poco e ancora da spiegare al grande pubblico, usato più o meno come sinonimo di “gioco elettronico”.
Lo avevamo detto lo scorso aprile in un vecchio numero di Quattro Bit che segnalo qua sopra: il termine “videogioco” sarebbe stato descritto formalmente per la prima volta nel vocabolario Zingarelli solo nel 1983, presentato nella sua valenza dualistica di apparecchio elettronico che fa giocare il pubblico e del gioco stesso che viene posto in esecuzione.
Anche in questo articolo ritroviamo comunque una tipica costante nella descrizione dei nuovi media ludici, e cioè rapportarli per confronto a forme di divertimento già consolidate e conosciute: in questo caso specifico abbiamo (oltre ai “soliti” flipper e juke-box) anche il calciobalilla, di cui si fa notare in particolare il problema della “durata della partita”.
Le macchine a moneta dovevano sempre massimizzare i guadagni nell’unità di tempo e i nuovi videogiochi erano molto più performanti da questo punto di vista, sebbene ad un prezzo molto più alto per le ditte di noleggio. Come viene spiegato nel testo, anche i videogiochi erano comunque soggetti al progressivo calo d’interesse dovuto alla perdita di “novità”: mentre un juke-box aveva la possibilità di rinnovarsi periodicamente grazie al semplice inserimento di nuove canzoni, nel caso dei primi giochi elettronici era l’intera apparecchiatura a dover essere sostituita.
Questo avrebbe portato i noleggiatori italiani a inventare e testare nuove soluzioni tecniche per limitare questo dispendio di denaro e di forze: dai “kit di conversione” per mutare un vecchio videogioco in un nuovo modello affine per struttura hardware, fino agli anonimi “prontoscheda” degli anni Ottanta che dominarono le sale giochi in quel periodo a scapito dei cabinet originali, dedicati al singolo gioco.
Uno dei momenti più interessanti di questo articolo consiste nell’accenno all’uso di “apposite cassette” per giocare “persino” in casa. Non si comunica purtroppo il nome di questa “specifica apparecchiatura”, ma tutto fa pensare (dato che si parla dell’inizio del 1978) ci si riferisca all’arrivo in Italia del Saba Videoplay (cioè del Fairchild Channel F). Un accenno davvero timido, che non riesce a prevedere il successo delle console casalinghe nel nostro Paese, soprattutto a partire dall’autunno del 1980 con l’arrivo dell’Atari VCS.
COMPLICATI APPARECCHI HANNO SOSTITUITO IL LEGGENDARIO CALCIOBALILLA
Alla ricerca della «novità» nei moderni giochi elettronici
Ci si può divertire anche con il televisore di casa impiegando apposite cassette che fanno riprodurre sul monitor fasi e azioni di numerosi sport e competizioni
Accade sempre più di frequente, entrando in un bar o in un ritrovo pubblico della nostra città di trovare all’interno moderni e sofisticati video-giochi, oltre ai più tradizionali juke-box e flipper. Infatti dall’epoca in cui avevano fatto la loro comparsa i primi calciobalilla e successivamente i primi magnetofoni a gettone, anche i cosiddetti apparecchi da divertimento hanno subito l’evoluzione della moderna tecnologia. Così da alcuni anni sono apparsi sul mercato complicati congegni elettronici che simulano, previa introduzione di una moneta da 100 lire, movimenti e azioni di numerosi sport, oltre che di altre entusiasmanti gare e competizioni.
Alle spalle di questa vera e propria industria delle “macchinette” esiste anche a Trieste una rete di operatori che si occupa dell’importazione di tali complessi marchingegni, oltre che della loro manutenzione e gestione. Infatti per poter incentivare il “gioco” degli avventori dei bar e in maggior misura dei frequentatori abituali questo personale, che divide gli utili con i proprietari o gestori dei locali, si preoccupa di operare un’adeguata rotazione di queste apparecchiature in maniera da poter creare la “novità” pur con un numero limitato di esemplari.
Ovviamente analoga cura viene riservata alla manutenzione dei meccanismi e all’aggiornamento delle novità discografiche nei juke-box. È evidente infatti che un’apparecchiatura che resta ferma per un guasto provoca un danno al gestore del locale, oltre al personale che per così dire la cede a noleggio. In particolare i video-giochi, che vengono importati quasi esclusivamente dagli Stati Uniti, sono i più costosi (il loro prezzo si aggira attorno ai due milioni), ma sono quelli che provocano pure il più rapido processo di saturazione rispetto agli apparecchi di altro tipo.
Dopo i primi giorni di funzionamento a getto continuo, invariabilmente si registra una notevole perdita d’interesse che si manifesta in un progressivo calo nella frequenza delle “giocate”. Per ovviare a questo inconveniente negli Usa vengono inventate continuamente nuove forme di competizione su schermo, mentre anche da noi sono in vendita delle cassette che inserite in una speciale apparecchiatura simulano numerosissime situazioni persino sul monitor di casa.
Particolare curioso, proprio il vecchio e glorioso calciobalilla potrebbe resistere alla “concorrenza” dei congegni elettronici, ma la sua presenza nei locali è quanto mai limitata proprio perché non è remunerativa. Infatti mentre con 100 lire si può fruire di circa un minuto di divertimento su alcune macchinette elettroniche, con la stessa moneta si gioca a “calcetto” per un tempo assai più lungo. Negli ultimi tempi poi anche nella nostra città si è registrata nel settore dei juke-box una certa crisi, in quanto il vero e proprio bombardamento di musica diffusa da radio, televisione, filodiffusione, emittenti private, giradischi e registratori impedisce a chiunque di pensare con piacere all’idea di andarsi ad ascoltare un disco al bar.
Per quanto riguarda i flipper invece il mercato rimane abbastanza vivace e, soprattutto nei ritrovi del centro dove avviene una frequente rotazione, si possono registrare buone medie di frequenza. Unica limitazione a questo tipo di evasione sono alcune norme restrittive che fissano nella nostra città a 16 anni l’età minima per poter far funzionare le “macchinette”, mentre in altri centri della penisola tale limite è stato portato a 14 anni. C’è poi da dire che vi sono delle fasce orarie molto precise in cui è concesso far funzionare gli apparecchi da divertimento e, se ciò è giustificabile per la musica dei juke-box per motivi di quiete pubblica, sembra per lo meno strano che non si possa fare una partita a flipper dalle 13 alle 16 (la norma lo vieta anche prima delle 9,30 e dopo le 23).
A titolo di curiosità precisiamo che un flipper costa in media circa un milione e 200 mila lire. Il prezzo di un juke-box oscilla dal milione e mezzo al milione e 800 mila, mentre un calciobalilla costa circa 150 mila lire. Detto per inciso, negli Usa dove sono ormai “stanchi” di usare solo due dita per far funzionare le macchinette elettroniche che noi importiamo, vengono richiesti con sempre maggior frequenza proprio i calciobalilla di produzione nazionale. Potrebbe essere una buona idea per sanare la bilancia dei pagamenti.
A corredo di questo articolo ci sono due fotografie dell’agenzia Italfoto, davvero molto interessanti dal punto di vista storico. Nella prima viene mostrato in azione il “Pro-Hockey” della Williams, ed è quantomeno curioso si presenti un videogioco del 1973 in un articolo del 1978.
La seconda foto è questa, e per certi versi rappresenta un’immagine davvero molto importante per la storia del videogioco in Italia, perché mostra… Be’, dovete dirmelo voi nei commenti, è molto semplice.
EDIT del 30/11/2023: la soluzione è stata poi trovata, e riguarda la presenza nella foto di UFO della Model Racing, il primo vero e proprio videogioco italiano. A questo proposito Federico “Wiz” Croci scrive nei commenti: «Può essere però interessante notare che, probabilmente, è della stessa Model Racing anche la pista di automobili teleguidate che i due ragazzi stanno giocando; la Model Racing infatti, come dice il nome, si occupava della progettazione e allestimento (e ha continuato fino ai primi anni '70) soprattutto di piste a moneta teleguidate, che in quegli anni erano un successo in ogni sala giochi. Oltretutto, un grosso distributore Model Racing aveva sede proprio a Trieste.
Interessante anche il fatto che il locale Questore avesse vietato l'uso dei giochi ad orari, oltre che ai minori. In città, divieti simili erano per evitare fughe dalle scuole in orari di lezione. Un divieto del genere era in vigore anche in Riviera Adriatica durante la stagione estiva, ma riguardava più che altro gli orari immediatamente dopo pranzo, tradizionalmente dedicati al riposino di famiglie e turisti, quindi non vietavano tanto i giochi quanto il rumore. Giocare a calciobalilla neanche parlarne, flipper e roba simile si potevano usare se erano posizionati internamente nei locali. Per i videogiochi, anche se in realtà sarebbe bastato abbassare il volume, ma incaricare un cassiere inesperto di farlo quattro o più volte al giorno azionando un minuscolo trimmer posizionato sulla scheda, con rischio di danni e tutto quanto, non era certo l'ideale, quindi si arrivò al compromesso di piazzare con del velcro dei quadrati di moquette (o qualcosa del genere) sopra gli altoparlanti. Restava il problema con giochi tipo "Bowling Alley" dalla trackball gigante, una vera e propria palla da bowling dal rotolare rumorosissimo, che in quegli orari si poteva usare, ma guardati a vista dal cassiere…»
Con questo piccolo quiz termina anche il ventisettesimo numero (vol. 3, n. 3) della newsletter, inviato a 303 (+5) persone. La mia speranza, lo dico sempre, è quella di creare un ambiente rilassato, serio e piacevole per condividere con voi idee e approfondimenti sui temi legati alla nascita e l’evoluzione dei videogiochi; ancora di più, mi preme costruire un ecosistema autosufficiente capace di sfuggire ai social network e ai loro ritmi. Se conoscete qualcuno interessato alla storia dei videogiochi e dei computer segnalategli quindi Quattro Bit, che può crescere solo grazie al passaparola.
A presto (se le stelle e i pianeti saranno correttamente allineati, il 23 novembre)!
Arrivo lungo, vedo che la risposta e' gia' stata data. Puo' essere pero' interessante notare che, probabilmente, e' della stessa Model Racing anche la pista di automobili teleguidate che i due ragazzi stanno giocando; la Model Racing infatti, come dice il nome, si occupava della progettazione ed allestimento (ed ha continuato fino ai primi anni '70) soprattutto di piste a moneta teleguidate, che in quegli anni erano un successo in ogni sala giochi. Oltretutto, un grosso distributore Model Racing aveva sede proprio a Trieste.
Interessante anche il fatto che il locale Questore avesse vietato l'uso dei giochi ad orari, oltre che ai minori. In citta', divieti simili erano per evitare fughe dalle scuole in orari di lezione. Un divieto del genere era in vigore anche in Riviera Adriatica durante la stagione estiva, ma riguardava piu' che altro gli orari immediatamente dopo pranzo, tradizionalmente dedicati al riposino di famiglie e turisti, quindi non vietavano tanto i giochi quanto il rumore. Giocare a calciobalilla neanche parlarne, flipper e roba simile si potevano usare se erano posizionati internamente nei locali. Per i videogiochi, anche se in realta' sarebbe bastato abbassare il volume, ma incaricare un cassiere inesperto di farlo quattro o piu' volte al gioco azionando un minuscolo trimmer posizionato sulla scheda, con rischio di danni e tutto quanto, non era certo l'ideale, quindi si arrivo' al compromesso di piazzare con del velcro dei quadrati di moquette (o qualcosa del genere) sopra gli altoparlanti. Restava il problema con giochi tipo "Bowling Alley" della trackball gigante, una vera e propra palla da bowling dal rotolare rumorosissimo, che in quegli orari si poteva usare ma guardati a vista dal cassiere....
Mi ero ostinato a cercare un’azienda con sede a Trieste...