Il mio benvenuto al quinto numero della newsletter di Quattro Bit: abbiamo raggiunto la soglia psicologica delle 80 persone iscritte, con quattro nuove presenze. Vi ricordo che ogni condivisione che fate è per me molto importante, perché aiuterà la diffusione della newsletter e, di conseguenza, la regolarità della stessa.
Sono contento dei feedback ricevuti la settimana scorsa, che ancora cioè ci sia entusiasmo e partecipazione per questa nuova avventura: cercherò per quanto possibile di mantenere il ritmo ogni settimana, tentando di proporre argomenti di ricerca eterogenei e verificare, di volta in volta, l'interesse che suscitano. E voi, mi raccomando, non lasciatemi troppo solo!
L'argomento che ho scelto stavolta nasce da una controllo online che ho fatto lunedì scorso e dalla riflessione personale che ne è scaturita, nei confronti della responsabilità di chi immette nuove informazioni in Rete e quali verifiche si effettuano a riguardo.
Anche per argomenti estremamente di nicchia come la storia del videogioco, e delle sue origini in particolare, c'è sempre stata una certa attenzione da parte di molti soggetti (sia commerciali, che non) riguardo l'utilizzo dei dati storici, per la creazione di piccoli contenuti da offrire ogni giorno in pasto ai social. Si potrebbe affermare che questa "fame di contenuti" appaia molto più grande sia del reale interesse del pubblico, sia della correttezza effettiva dei contenuti stessi; se l'approssimazione regna sui grandi temi dell'attualità, figuriamoci sul resto.
Chi mi segue da molto tempo sa che mi sono "scagliato" a volte in passato su chi approfitta della ricerca altrui per costruire articoli e narrative senza riconoscere il merito della scoperta a chi lo ha fatto; la procedura che vorrei fosse seguita, oltre a essere eticamente corretta, sarebbe utile non solo a valutare correttamente il lavoro di chi si impegna, ma anche nel riconoscere eventuali catene di errori e imprecisioni, correggerle e fermarle. C'è da dire che in molti casi questi passaggi di informazioni hanno un intermediario, Wikipedia, che fornisce una schermatura perfetta a questa apparente innocenza citazionistica: se "l'ha scritto Wikipedia", vuol dire che è vero.
Tornando alla ricerca che ho fatto, dato che volevo scrivere qualche aggiornamento sull'uscita italiana del Ping-o-tronic di Zanussi, da un controllo in Rete mi sono accorto che negli anni si era propagata un'informazione che avevo fornito nel 2019, estrapolandola da un articolo del 1974. Per chi non conoscesse questo nome, ricordiamo che il Ping-o-tronic è a tutti gli effetti la prima console italiana per videogiochi e, per questo, riveste un ruolo importantissimo nello studio della storia videoludica locale. A oggi, purtroppo, non si sa quasi niente né sui creatori del progetto né sulla sua realizzazione.
Nel 2019 ricavavo dall'articolo originale una serie di informazioni sequenziali, e cioè che il Ping-o-tronic veniva venduto durante il periodo natalizio del '74, che uno dei canali di vendita era la Rinascente e che in quella sede il prezzo risultava di 49.000 lire. Questa informazione nel 2020 è rimbalzata su Wikipedia come "A dicembre 1974 era in vendita a 49.000 lire" e poi su Wired come "Ha debuttato nel 1974 con un gioco del tutto simile a Pong per un prezzo di 49000 lire".
Non credo servano da parte mia ulteriori spiegazioni: queste semplificazioni progressive sono errate da ogni punto di vista metodologico. Spero però di non dovermi ritenere responsabile: se affermo, grazie a una singola fonte storica, che nel contesto commerciale della Rinascente la console Ping-o-tronic venisse venduta a 49.000 lire, non implica che quello fosse il prezzo ufficiale.
Per dimostrarlo, occorrerebbero altre fonti coeve per incrociare i dati e, soprattutto, un listino prezzi della Zanussi a confermarlo. Ciò che ho introdotto come un semplice numero da analizzare, diventa per chi ha "fame di dati" un fatto da citare senza contesto, senza analisi, senza confronto: per il lettore questo dato diventa poi la verità e a questo punto nessuno può più fare niente per confutarlo. Perché “lo dice Wikipedia" e "lo dice Wired".
Dunque sì, questo numero della newsletter esce per parlare nuovamente dei prezzi delle prime console! Il panegirico sull'importanza della ricerca mi occorreva per arrivare al punto, e cioè che nutro qualche dubbio ancora oggi sull'ufficialità di quel "49.000 lire". Prima di esporre il dubbio, però, permettetemi un'ulteriore digressione.
Parlare di prezzi è sempre complicato, e me accorgo ogni volta che l'argomento viene fuori: tutte le persone sembrano ricordare frammenti del proprio passato, ma in realtà la questione è sempre più complicata di così e ormai rinuncio a dialogare con chi insiste col fatto che l'esperienza personale risulti un metro di valutazione valido ed efficace: che la console insomma costasse "tanto" o "poco" perché "mio padre guadagnava così" o che "ci volevano due stipendi per comprarla"; si tratta metriche soggettive che lasciano il tempo che trovano, e che sono interessanti da conservare se si analizza il folklore, ma non la storia.
Uno degli errori di base è considerare il passato con la mente ancorata al tempo e le consuetudini attuali, senza tener conto per esempio del potere d'acquisto rivisto anno per anno basato sull'evoluzione dell'inflazione, e di quanto i prezzi si modificassero continuamente nei momenti di inflazione galoppante; nello stesso modo, vedo fare continui paragoni tra Lira ed Euro senza considerare che il tasso di cambio rimasto impresso nella memoria di molti risale ormai a vent'anni fa e non ha più nessun senso nemmeno ricordarlo. Non ha senso neanche parlare di stipendi senza fare ricorso alla definizione di "scala mobile", e così via.
Non voglio certo sostituirmi a chi si occupa di economia, mi è sufficiente mostrare questo grafico (tratto dal sito rivaluta.it, dove ne trovate la versione interattiva) per notare come l'inflazione nel periodo 1973-1983 avesse un andamento completamente diverso rispetto a quella vissuta dopo il passaggio all'Euro. Fidatevi dunque maggiormente dei meccanismi di rivalutazione monetaria presenti online, piuttosto che della percezione che potete avere del singolo evento o ricordo.
Ritorniamo quindi al discorso del Ping-o-tronic Zanussi e mettiamo alcuni punti fermi sulla cronologia degli eventi, così come la conosciamo attualmente. Venne messo in commercio nel Natale del 1974 e alla Rinascente risultava un prezzo di 49.000 lire. Nel dicembre dell'anno successivo (1975), quando arrivava alla revisione PP-5 con l'aggiunta del fucile Gun-o-tronic, sappiamo, grazie a un articoletto sul Corriere dei Ragazzi, che il prezzo di vendita della console era di 80.000 lire, con il fucile a 35.000.
I prezzi sono quindi compatibili con quanto detto in precedenza? Ci sono molti casi storici di aumenti progressivi del prezzo di vendita a causa dell'inflazione galoppante: il più evidente che ci riguarda da vicino è quello dell'Atari VCS dal 1980 al 1983 (volete che ne parli approfonditamente, in futuro?).
Rivalutiamo al marzo 2022 i dati che abbiamo:
Ping-o-tronic
49.000 lire (12/1974) -> 302 euro (03/2022)
80.000 lire (12/1975) -> 444 euro (03/2022)
Gun-o-tronic
35.000 lire (12/1975) -> 194 euro (03/2022)
Proprio in virtù di questa forte discrepanza mi permetto di mettere in dubbio il valore assoluto del 1974, che continuo a prendere per buono come indicatore, ma solo fino al reperimento di ulteriori fonti. Come avevo già fatto in un'altra occasione, diamo anche un'occhiata ai prezzi dell'usato, ricavati dagli annunci sulle riviste di elettronica:
40.000 lire (03/1976) -> 211 euro
50.000 lire (06/1977) -> 211 euro
35.000 lire (07/1977) -> 147 euro
45.000 lire (12/1977) -> 180 euro
I prezzi dell'usato (che mediamente dimezzano il costo del nuovo) sembrano orientarsi più verso le 80.000 lire piuttosto che 49.000, ma anche questo rimane solo un'indicatore di tendenza.
Qualcuno si chiederà allora quale fosse il prezzo del Play-o-tronic, il successore del Ping-o-tronic: la nuova ingegnerizzazione sostituiva ai componenti discreti del primo progetto il solito microchip AY-3-8500 di General Instruments, il "pong-on-a-chip" che dominò il mercato globale del settore "giochi elettronici" nella seconda metà degli anni Settanta.
Prima di tutto, cerchiamo di correggere una notizia: sebbene venga scritto praticamente ovunque che l’anno di uscita del Play-o-tronic è il 1977, era in realtà già in vendita nel dicembre del 1976. Secondo un articolo che ho reperito, i prezzi erano di 88.000 lire per la console e 36.000 per il fucile. Aggiungiamo queste nuove cifre al calcolo della rivalutazione.
Ping-o-tronic
49.000 lire (12/1974) -> 302 euro (03/2022)
80.000 lire (12/1975) -> 444 euro (03/2022)
Play-o-tronic
88.000 lire (12/1976) -> 401 euro (03/2022)
Gun-o-tronic
35.000 lire (12/1975) -> 194 euro (03/2022)
36.000 lire (12/1976) -> 164 euro (03/2022)
Dunque anche questi nuovi dati sembrano armonizzarsi abbastanza bene coi prezzi della console precedente, datati 1975. Si può concludere per ora che, con una cifra inferiore alle 100.000 lire, le console concepite dalla Zanussi si situassero comunque in una fascia di prezzo più bassa rispetto all’Odyssey di Magnavox, che la GBC pensò di importare in Italia alla fine del 1975.
La ricerca non termina certo adesso, ma possiamo affermare d'aver aggiunto un altro piccolo tassello alla storia del videogioco italiano che precede l'avvento delle console programmabili a cartucce; prima il Saba Videoplay e poi l'Atari VCS caratterizzeranno infatti il nostro mercato tra la fine degli anni Settanta e l'inizio degli Ottanta.
Il quinto numero della newsletter si chiude qui ed è stato inviato a 80 (+4) persone. La speranza è quella di raggiungere la "cifra tonda" il prima possibile, spargete la voce. A presto!
Come di tuo solito, articolo fantastico, Andrea !
Il dettaglio è una delle cose che ho sempre gradito, in particolar modo quando si tratta di evidenziare particolari in cui la puntigliosità può essere determinante.
Se mi posso permettere, però, vorrei poter ancora pensare che il fattore "frammenti del proprio passato" potrebbe non essere proprio così "disdicevole".
Anni fa' (credo fosse il 2006 o 7) scrissi un thread a proposito dei prezzi del VCS su un sito "a tema" e credo che quello stesso thread sia stato adoperato da più persone che allora erano "retrogamers in erba" per iniziare la loro strada (vidi spesso le mie stesse parole riportate pari-pari in altri "ambiti"...). Come premessa, evidenziai il fatto che per la ricostruzione di "eventi & fattori" caratteristici del periodo preso in considerazione, quindi la prima metà degli anni '80 ed in particolare 1982, anno in cui mi regalarono il VCS, e 1983, venni sostenuto ed aiutato ANCHE da mio fratello, di 9 anni "meno giovane" di me.
Sì... "il fratellone", che nell'82 aveva 21 anni, frequentava l'Università e da diversi anni si interessava di politica (militava in una "celeberrimo" movimento...) e di economia, mi ha aiutato a ricostruire molti dei "frammenti" che componevano il mio thread: riferimenti temporali, date di commercializzazione di apparecchi, prezzi al dettaglio... il tutto era stato "integrato" con costi riferiti a generi di prima necessità, carburanti, affitti di immobili, salari di operai e/o dipendenti (statali e non), etc...
Una ricostruzione che per una buona parte mi sta ancora (orgogliosamente) dando ragione, nonostante il fatto che di recente siano emersi molti (e anche troppi) dubbi scaturiti da altrettante affermazioni da parte di alcuni soggetti apparentemente non in grado di fornire prove concrete a sostegno.
Ma qui "mi fermo" e ti chiedo, come mio solito, se posso condividere questo tuo articolo sul mio modesto, piccolo gruppo FB, su cui potremo eventualmente discutere a proposito di queste ultime affermazioni di cui sopra...
Avrei, inoltre, anche una pagina scansionata da un noto catalogo di vendite per corrispondenza che credo possa essere valida come "documentazione VCS-related" da condividere con te (se già non la possiedi) e con i lettori.
E, A PROPOSITO DI VCS... "volete che ne parli approfonditamente, in futuro?" .. OVVIAMENTE SI !!! ]---
Oh, mi hai fatto scendere la lacrimuccia con il trafiletto (credo di La Stampa?) che cita Fantasilandia, negozio di giocattoli in via S. Teresa a Torino. Tra il '67 e il '70 abitavo li` a due passi, in via XX Settembre, e Fantasilandia, che era bellissimo e fornitissimo, era il "mio" negozio di giocattoli. Mi ci hanno comprato la prima pista Bruciapista (oggi Hot Wheels) per Natale '69, le trottole Wiz-z-er Mattel nel 1970, e sbavavo sempre sulle vetrine spaziali di Major Matt Mason. Per far capire ai piu` "piccoli" del vetusto me di che tipo di negozio di giocattoli si trattava, vi diro' che e` l'unico negozio di Torino in cui per Natale '88 ho visto lo shuttle Defiant di GI Joe.