6 Commenti

È impressionante e illuminante come già alle porte degli anni 80 c’era gente che ci avevo visto benissimo. Persone che riuscirono a capire quanto la rivoluzione informatica avrebbe impattato il tessuto sociale della nostra civiltà. Il problema che ancora oggi persiste è che a livello socio-economico non si è ancora integrata e assimilata tale rivoluzione. È come se fossimo condannati a subire questa evoluzione, senza prenderne realmente coscienza e senza poterla regolamentare eticamente ed economicamente.

Articolo bellissimo.

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È vero, ed è sempre il solito vecchio dibattito tra "apocalittici e integrati" in ambito tecnologico, in cui, a mio parere, si è ricorso con troppa faciloneria a etichettare di volta in volta ogni voce critica come semplice neo-luddismo. A me pare che l'analisi di Evans a posteriori si sia dimostrata lucidissima, soprattutto quando parla di "mancanza di valori di ricambio". Immagino che molti sogni dei pionieri dell'informatica fossero legati al miglioramento delle condizioni umane, senza le conseguenze negative legate a questa "evoluzione forzata" che giustamente citi.

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Da semplice appassionato, è curioso notare come diverse menti illuminate abbiano saputo prevedere l'impatto dell'informatica "seriosa" sulla vita di tutti i giorni, ma praticamente nessuno abbia saputo prevedere l'impatto che avrebbe avuto l'industria dei videogiochi su quella dell'intrattenimento.

Oggi abbiamo un industria videoludica che fattura più di quella del cinema e della musica messe assieme. Eppure fin dall'avvento di Pong e per tutti gli anni settanta e gli anni ottanta, nonostante i successi di vendite di Atari prima e di Nintendo e Sega poi, quasi tutti gli studiosi e gli uomini d'affari dell'epoca sembravano convinti che si sarebbe trattato solo di una moda passeggera.

A tal proposito secondo me è emblematica la sfiducia totale del mercato USA nei confronti dell'industria, dopo il crash del 1983. Sfiducia che nonostante fosse smentita dai dati di vendita, in alcuni ambiti è rimasta per tutti gli anni ottanta e parte dei novanta. Penso in particolare al comportamento dei dirigenti di Commodore USA, che fondamentalmente hanno ignorato i consigli di Commodore UK rinunciando a tenere un piede nel mercato dei videogiochi per privilegiare quello delle macchine da lavoro.

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È un argomento davvero molto interessante, difficile esaurirlo nei commenti. Quello che dici è vero (specialmente per quanto riguarda Commodore), e riflette la sostanziale difficoltà iniziale nell'inquadrare allora il videogioco in una categoria, più o meno al confine tra l'industria tecnologica e quella culturale, a volte apparecchio informatico, a volte giocattolo.

Per quanto riguarda la video game industry americana a la reticenza a investire capitali, c'è da dire che non avevano tutti i torti a essere perplessi di fronte a due crisi nel giro di pochissimi anni, e ad etichettare il tutto come "fad"; è vero che si parla molto di un "video game crash" dell'83 che in sostanza però fu l'implosione di una sola azienda, ma viene molto meno citato quello del 77, che fece anch'esso danni economici di rilievo.

Non sono state fatte molte analisi efficaci sugli effettivi fatturati dell'industria videoludica dall'inizio a oggi; il migliore di questi al momento resta quello della Pelham Smithers, in cui si nota chiaramente come il reale incremento progressivo avvenga solo dopo il 2000, in un momento storico che da queste parti non sarà mai preso in considerazione per ovvi motivi. Come nota di costume però, se è vero che in pochi credevano nell'esplosione dell'industria del videogioco, altrettanti non avrebbero scommesso un nichelino sul "mobile" come principale piattaforma, e invece... https://www.gamedeveloper.com/console/breaking-down-nearly-50-years-of-video-game-revenue

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Grazie Andrea per riportarci all'attenzione queste perle quasi dimenticate, fondamentali per capire anche il nostro presente. A questo riguardo vorrei dire che le risposte di Evans sul futuro che ci attendeva sono chiare e precise e oggi potrebbe sembrarci strano o miracoloso ma c'è anche da dire che non era l'unico, molti personaggi di quel tempo che avevano una competenza forte nell'ambito dell'informatica e che soprattutto avevano una visione evolutiva o "storica" dell'argomento arrivavano facilmente alle medesime conclusioni. Ad esempio riporto sempre volentieri il discorso che fece Luigi Dadda, all’epoca rettore del Politecnico di Milano, nel 1980 intervistato in un documentario per la RAI dove arrivò a prevedere con una precisione quasi profetica l'avvento di internet e dei motori di ricerca: https://retrocampus.com/2013/03/20/ipse-dixit-luigi-dadda-1980/

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Grazie Carlo, questa frammento relativo a L. Dadda è veramente emozionante, si sa per caso il titolo preciso del documentario? Tra l'altro, su di lui ho diverso materiale che non è archiviato da nessuna parte in Rete, quindi magari prima o poi pubblicherò qualcosa. E certamente è vero, in questi casi non si tratta mai di semplici esercizi di "futurologia" né di profezie, ma di analisi efficaci da parte di persone attente e molto competenti nel loro campo di ricerca.

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