State per iniziare a leggere l’undicesimo numero della newsletter di Quattro Bit: durante questa settimana altre sei persone si sono unite al gruppo dei lettori regolari via e-mail, stavolta abbiamo dunque raggiunto la quota di 118 iscrizioni.
Purtroppo, la volta scorsa c’è stato qualche disguido tecnico: giusto pochi secondi dopo l’invio della newsletter da parte mia, è comparso sulla pagina principale di Substack un avviso riguardo un problema temporaneo nella gestione delle e-mail. La conseguenza negativa è che qualcuno di voi purtroppo non ha ricevuto niente: secondo le statistiche a mia disposizione dovrebbe trattarsi di circa 15 persone, ma magari anche qualcuno in più è incappato nel bug.
Questo ovviamente ha impattato anche sul numero complessivo degli accessi al post; mi spiace, ma non posso far altro che segnalare il malfunzionamento avvenuto e indicare che l’aggiornamento che avevo scritto è comunque disponibile per la lettura online nell’archivio.
Sperando che simili inconvenienti non si ripetano anche oggi, andiamo a presentare il penultimo numero di questa prima “stagione” di Quattro Bit; visto che qualcuno me lo chiede ancora, se avete un account Gmail e non ricevete la newsletter, vi ricordo di controllare non solo nello spam, ma anche nelle cosiddette “promozioni”.
Incrociando le dita… Iniziamo!
Una delle cose che hanno caratterizzato da sempre le mie ricerche, riguardo la storia del videogioco e dell’informatica personale, è reperire informazioni che andassero a completare e integrare vecchi articoli pubblicati sulle riviste: accadeva non di rado infatti che un software, un gioco o comunque un prodotto informatico italiano venisse descritto e recensito, per poi (quasi) scomparire nel nulla.
Era accaduto così per esempio per La valle segreta, un’avventura testuale per Commodore 64, recensita da Zzap! nel 1988 e poi irreperibile fino al 2006, quando la “recuperai” per Ready64, grazie all’autore originale. La stessa cosa quando indagammo su Shogoth, sempre nel 2006.
L’intervista che propongo oggi si pone nello stesso filone, dato che si riferisce a un video musicale in computer grafica (realizzato con lo Spectrum della Sinclair), che venne descritto sulla rivista VideoGiochi in un articolo del 1986 e a cui venne dedicata anche la copertina.
“Bird è anche il tentativo di dimostrare che si può realizzare una buona computer grafica senza ricorrere ad un hardware di alto livello e raccogliendo l’insegnamento del cartoon e dell’animazione tradizionale. È in questo senso una piccola sfida”.
Così gli autori della società Videosintesi descrivevano la loro creazione a Benedetta Torrani. Dal punto di vista tecnico, si aggiungeva anche che:
Qualche programma grafico (Melbourne Draw, Draw Master, White Lightning o Screen Machine) è servito per digitalizzare le foto dei personaggi o per il movimento delle figure e il resto del software è stato studiato e realizzato da Videosintesi.
Il video in questione è fruibile su Vimeo grazie a uno degli autori originali, e lo includo qui (sperando che l’embedding funzioni).
Ho raggiunto Massimo Verni via e-mail per chiedere qualche informazione in più sulla genesi di Bird e questo è il risultato dell’interessante conversazione.
Quando si parla di computer art negli anni Ottanta, ho notato che si fa spesso notare la differenza tra l'uso delle workstation grafiche professionali e gli home computer in commercio, a disposizione anche del pubblico generalista a un prezzo molto più modico: mi chiedevo quale era stata la spinta, da parte di voi di Videosintesi, a scegliere un home computer per realizzare il video di Bird.
In quegli anni la computer art era agli albori, ma la disponibilità dei primi home computer segnava l’inizio delle nuove tendenze che sono diventate realtà solo da pochi anni… Ovvero, farsi tutto in casa da soli. Noi eravamo giovani e con poche disponibilità: quei computer, acquistati a circa 350.000 lire (se non ricordo male) erano la soluzione alle nostre curiosità e fantasie. Le workstation erano un pensiero irraggiungibile e solo affittare un turno di elaborazione costava una fortuna.
Quasi tutti noi cominciavamo in quel periodo a lavorare nel mondo delle radio private e della tv (io ero autore in Rai di una trasmissione video musicale che si chiamava Orecchiocchio) ed eravamo già molto sensibili alla comunicazione con i nuovi media e tutto avvenne semplicemente.
Come mai proprio il Sinclair Spectrum?
Scegliemmo lo Spectrum perché conoscemmo Sinclair, che al tempo produceva una macchinina elettrica (la C5), presentata proprio negli studi Rai dell’Orecchiocchio.
Questa trasmissione, soprattutto nella sua sezione Computer Club, era qualcosa di davvero avanti coi tempi: ricordo episodi in cui venivano mostrati videogiochi italiani, interviste a programmatori, classifiche settimanali di giochi e così via; in studio c'era anche un robot (della serie RB5X) che "aiutava" il conduttore di turno. Mi sa dire perché una trasmissione all'inizio principalmente votata ai video e alla musica dal vivo si spostò anche verso questo settore?
In realtà la trasmissione manteneva sempre una base video musicale ma, grazie a Lionello De Sena (il produttore Rai) che era molto attento alle dinamiche giovanili, ci siamo occupati anche di altri argomenti… Anche di sport emergenti. L’idea era di fare una trasmissione dedicata ai giovani a tutto campo.
C'era qualche autore di riferimento quando ci si doveva occupare di materie informatiche (come nel caso del servizio sulla macchina C5 di Clive Sinclair che citava), oppure era sempre un lavoro di gruppo degli autori?
Non avevamo specialisti di settore, nascevano le idee e si approfondivano. Poi si cercavano eventualmente consulenti per gli argomenti più specialistici, il lavoro autoriale consiste proprio in questo.
Mi potrebbe chiarire che genere di società era Videosintesi e di cosa si occupava?
Videosintesi era soltanto un’idea, un nome; abbiamo fatto qualche piccola cosa ma poi si è dissolta, dato che ciascuno di noi ha intrapreso una strada diversa, anche se nello stesso ambito.
Bird si compone di numerose parti, inizialmente dal vivo e poi tutte in computer grafica, montate assieme in post-produzione. Quindi immagino non ci fosse un unico programma che "girava" sullo Spectrum ma un insieme di questi, che poi sono stati montati col resto, in analogico. Potrebbe dirmi qualcosa in più su come il video è stato prodotto/sviluppato tecnicamente, e soprattutto come vi eravate divisi i compiti?
Bird è stato realizzato completamente con il Sinclair Spectrum, la post-produzione è servita solo per attaccare i blocchi di animazioni. I ritratti dei musicisti sono stati realizzati da Franco Malabruzzi (papà di uno di noi), fatti punto per punto come si poteva fare allora, sulla base di disegni realizzati a mano.
L’uccellino che vola su Manhattan è opera mia: è stato fatto mescolando scroll e animazione in loop, tutto da Spectrum. La parte più onirica è stata sviluppata in linguaggio macchina, sempre sullo Spectrum, da Daniele Colajacomo che ora vive in America è si è occupato sempre di animazione per grandi aziende. Massimo Palmieri ha curato le riprese video iniziali e alcuni aspetti della grafica, mentre Maurizio Malabruzzi alcune animazioni e molta grafica (disegni etc.)
La mia attitudine è stata sempre legata alla regia (l’ho poi fatto per gran parte della mia carriera) e all’animazione. I programmi che abbiamo usato sono quelli citati nell’articolo su VideoGiochi. È stato un vero equilibrismo di fantasia: ti ricordo soltanto che i programmi potevano essere usati uno alla volta e venivano caricati con audio cassette!
Se la post produzione è servita solo per attaccare i blocchi di animazioni, presumo che in qualche modo, mediante l'uscita video dello Spectrum, le animazioni fossero state trasferite su pellicola (16mm, 35?) e montate in sequenza: mi chiedevo che metodo avevate usato per passare in analogico la grafica digitale, cioè per esempio se per proiezione e ripresa dal vivo o per registrazione diretta dall'uscita.
Giusto, i blocchi di animazioni venivano riprodotti dallo Spectrum e furono trasferiti sfruttando l’uscita video (quella della tv) registrandola, caricando volta per volta le animazioni e così via, un lavoro di pazienza.
Devo dire che, anche se oggi sembra preistorico, all’epoca era una vera novità. Il trasferimento era stato fatto presso uno studio professionale: non furono trasferiti in pellicola ma direttamente in magnetico (in formato BVU, se non ricordo male).
Come mai era stata scelta proprio la canzone dei Manhattan Transfer per realizzare il video di Bird? Essendo un lavoro corale, immagino dovesse trattarsi di qualcosa che mettesse d'accordo e piacesse a tutti voi.
Il nostro gruppo è stato sempre “musical oriented”, sempre appassionati di musica e attenti ai grandi musicisti. Ti ricordo che Birdland è un pezzo dei Weather Report (Joe Zawinul) e io ancora ho i brividi nel sentire l’intro di basso di Jaco Pastorius.
Successe che ospitammo all’Orecchiocchio I Manhattan Transfer e nel sentire la loro versione, per cui era stato scritto appositamente il testo da Jon Hendricks, venni colpito: era già un piccolo film, la storia di Birdland (mitico jazz club) e tutti i musicisti che lo frequentarono… Due più due fa quattro! Se non ricordo male l’idea fu mia, ma al tempo si condivideva molto e ci volle poco per passare dall’idea ai fatti.
Ho letto che Bird venne presentato a vari festival dell'animazione, come il Festival dell'arte elettronica di Camerino e Imagina a Montecarlo. Quindi un video del genere soprattutto durante gli anni Ottanta doveva servire un po' anche come demo tecnica, per far notare ciò di cui eravate capaci con la tecnologia a vostra disposizione; mi chiedevo dunque quale tipo di feedback avevate ricevuto su questo vostro lavoro in quelle sedi.
Sì, abbiamo partecipato al Festival di Camerino e anche ad Imagina, dove arrivammo secondi dietro un video degli Stones… Ci ha fatto sempre un po' ridere questa cosa, ma è andata proprio così. Purtroppo a parte qualche commento favorevole il feedback è stato scarso, un po’ per invidia, un po’ perché eravamo forse troppo avanti e poi non avevamo una struttura che poteva fare promozione… Era l'epoca in cui si diceva: «che fai, giochi col computer»? Per noi è stata una grande esperienza, che abbiamo poi sfruttato personalmente nel nostro lavoro… Io, ad esempio, ancora oggi mi occupo di siti web e tutto quello che ci sta attorno.
Con la fine dell’intervista si chiude così anche l’undicesimo numero della newsletter, inviato a 118 (+6) persone. La mia speranza è di creare un ambiente rilassato, serio e piacevole per condividere con voi idee e approfondimenti su questi temi; ancor di più, costruire un ecosistema autosufficiente capace di sfuggire ai social network e ai loro ritmi. Se conoscete qualcuno interessato alla storia dei videogiochi e dei computer segnalategli quindi Quattro Bit, che può crescere solo grazie al passaparola. A presto!
As usual, ottimo articolo, Andrea!
commenti sparsi...
- non ho memorie della trasmissione Orecchiocchio ! (eppure qualche puntata dovro' ben averla vista) .. stando a wikipedia e' terminata nell'86 e l'art su Videogiochi e' dell'86 ... quindi forse la sezione "Computer Club" e' durata poco... mah... ? Esiste un elenco puntate? (magari da qualche fan del Radiocorriere ... :). Mhhh. adesso mi vien voglia di andare a frugare in youtube... ecco fatto il danno :D
- il video e' effettivamente carino (nonostante lo spectrum LOL), l'atmosfera evocata e' ottima... cosi, di getto, mi ha fatto pensare a qualche scena de Gli Aristogatti disneyiano...
- Hai fatto molto bene a porre quelle domande sulla post/produzione...
Bell'articolo. Mi piace e mi piaceva la musica dei Manhattan Transfer ma non credo di aver mai visto prima questo video.
Il primo video musicale con animazioni in computergrafica che credo di aver visto in televisione, come immagino sia accaduto a molti altri, è stato "Money for nothing" dei Dire Straits.