State per iniziare a leggere il dodicesimo numero della newsletter di Quattro Bit: in uno spettacolare rush finale, grazie soprattutto al supporto di Carlo Santagostino (che ringrazio!), durante questa settimana ben dieci persone si sono unite al gruppo dei lettori regolari via e-mail.
Prima di iniziare la pausa estiva abbiamo dunque raggiunto la quota di 128 iscrizioni, andando praticamente a raddoppiare il gruppo iniziale dello scorso aprile. Un bel numero “tondo”, tra l’altro, trattandosi di una potenza di due.
Il mio benvenuto quindi a chi si è iscritto in questi ultimi giorni segnalando che, per ingannare l’attesa fino a settembre e l’inizio del “volume 2”, è presente online l’archivio delle undici newsletter precedenti a questa, oltre ovviamente all’archivio totale di Quattro Bit nella vecchia versione “sito”.
Cercherò comunque di non essere completamente silenzioso durante luglio e agosto, sperimentando magari con la funzione “threads” di Substack per inviarvi brevi segnalazioni di video e link ad articoli inerenti gli argomenti di cui ci occupiamo solitamente.
Dunque, per l’ultima volta, sperando di sopravvivere al caldo asfissiante… Iniziamo!
Quanto sto per scrivere si ricollega idealmente all’argomento trattato la settimana scorsa, sia per quanto riguarda l’hardware di riferimento (lo Spectrum della Sinclair), sia per la rivista che è stata la fonte originale delle informazioni (VideoGiochi della Jackson).
Infatti, nel numero 32 (dicembre 1985) compariva la recensione di un videogioco realizzato completamente in Italia, ma che è poi rimasto nell’oblio per moltissimi anni, praticamente fino alla fine del 2018.
Graal, questo il nome del gioco per Spectrum, veniva presentato dai redattori G. Petris e F. Guccione come il prodotto di una misteriosa software house chiamata B.V. Interface, al prezzo di 12 mila lire (si tratta di circa 16 euro rivalutati al 2022, quindi una cifra abbastanza economica). Nel corso della recensione, Petris e Guccione sottolinearono in particolare l’importanza dell’uscita di videogiochi del genere nel 1985:
Una nota di rilievo che occorre far risaltare di questo programma è la sua origine. Infatti questo gioco è stato ideato e creato da programmatori italiani, e viene commercializzato da una casa software italiana. Non perché noi siamo nazionalisti, ma il fatto che ancora la nostra terra (…) produca anche del buon software ci fa veramente molto piacere, ed inoltre mostra che i cervelloni dell’informatica non sono solo inglesi o americani, sono anche italiani. Nella speranza che il software italiano diventi una realtà presente sul mercato anche internazionale noi continueremo a giocare a Graal.
Sarà mia cura infatti, su Quattro Bit, dimostrare anche in futuro con ulteriori esempi che è completamente errata la vulgata secondo cui “in Italia non usciva niente” fino a quando si formarono le note software house della seconda metà degli anni Ottanta: c’era infatti un folto sottobosco di uscite commerciali sin dagli albori dell’informatica personale, la cui unica colpa fu quella di non avere alle spalle delle solide campagne di marketing per farsi strada sul mercato, oltre all’ostacolo principe della pirateria industriale di cui abbiamo già parlato in altre occasioni.
Ma chi era l’autore di Graal? E della sua software house si sa qualcosa?
Per rispondere a queste domande ci viene in aiuto un sito portoghese (quindi in un certo senso la profezia “internazionale” dei redattori di VideoGiochi si è avverata): nel dicembre del 2018 infatti l’ottimo Planeta Sinclair ha pubblicato un articolo in cui presentava una digitalizzazione perfettamente funzionante di Graal in formato tzx, oltre alle scannerizzazioni del fronte e retro della copertina.
Esplorando quindi finalmente il gioco nella sua totalità si possono acquisire numerose altre informazioni, per esempio il fatto che l’azienda citata esplicitamente era un’altra, cioè la Hardtek Software, che prevedeva tra l’altro la vendita all’estero del proprio prodotto, data la traduzione in quattro lingue delle istruzioni (inglese, francese, tedesco e naturalmente italiano). Ancora: il codice riportato sulla cassetta (COD. 013S) segnala che questo gioco forse non era un caso isolato, ma parte di una vera e propria collana che presentava altri giochi ormai dimenticati?
Proseguendo l’esplorazione della documentazione si viene a scoprire il nome del disegnatore della bella copertina (Carlo Ravaioli) e soprattutto il nome dell’autore del gioco, cioè Franco Fabbri. Lo dico subito, non si tratta del Professor Fabbri che avevo intervistato per Ready64 anni fa, ma un suo omonimo. Me lo ha confermato anche Ravaioli stesso nel 2019 dicendo che si trattava di un suo vecchio amico; purtroppo però non aveva più alcun riferimento per contattarlo, dato che non lo sentiva da oltre vent’anni.
Se al momento questa pista è quindi bloccata, vediamo se possiamo almeno chiarire il discorso relativo alla Hardtek. Questo era un marchio usato a metà anni Ottanta dalla B & V Interface di Forlì (ecco quindi quale era il nome corretto della società citata da VideoGiochi) per vendere modem e altri tipi di periferiche. Segue secondo logica che una Hardtek ”Software” si potesse occupare invece di distribuire programmi su cassetta. Abbiamo quindi almeno ristretto la zona geografica di appartenenza di questa pionieristica software house.
Oltre a sperare che questo articolo serva anche per acquisire ulteriori informazioni sulla genesi di Graal, il consiglio spassionato che voglio darvi, come da tradizione per i “frammenti digitali” di Quattro Bit, è quello di… Giocare! Su uno Spectrum vero e proprio per i più fortunati, in emulazione per tutti gli altri, garantisco che rappresenta una sfida vera e propria; il file tzx, lo ricordo nuovamente, è scaricabile da un link dropbox presente sulla pagina di Planeta Sinclair.
Riconoscerete ovviamente la derivazione diretta proveniente dai “classici” di Matthew Smith: Graal è infatti il nipotino degenere di Manic Miner e Jet Set Willy, in cui però la difficoltà di gioco è stata portata a sfiorare il parossismo. Non solo ogni salto deve essere calibrato al pixel, ma anche la scelta dei tempi è fondamentale per riuscire a superare i livelli a schermata fissa e permettere al povero Parsifal di completare la sua leggendaria impresa: conquistare i vari pezzi della sacra reliquia, che si illumineranno uno dopo l’altro nella parte alta dello schermo.
Come sottolineavano già i recensori del 1985:
Già dal primo schermo potrete notare che il gioco è di una difficoltà spaventosa; per avere speranze di terminarlo occorre elaborare uno schema di gioco per risolvere ogni quadro, ed è necessario, inoltre, eseguire questi schemi velocemente e senza fare il MINIMO errore.
Nonostante numerosi tentativi io sono riuscito a superare solo un paio di schermate; la sfida che posso dunque lanciare per questa estate bollente, congedandomi da voi, è quella di riuscire a terminare per primi in assoluto questo gioco dimenticato!
Nota del 26/06/2022: ringrazio Massimiliano Hocevar per aver caricato Graal sul suo Spectrum+, così da avere su Youtube un gameplay del gioco realizzato su macchina reale, eccolo qui:
Si chiude così anche il dodicesimo e ultimo numero (per questa stagione) della newsletter, inviato a 128 (+10) persone. La mia speranza è di creare un ambiente rilassato, serio e piacevole per condividere con voi idee e approfondimenti sui temi cari da sempre a Quattro Bit; ancor di più, costruire un ecosistema autosufficiente capace di sfuggire ai social network e ai loro ritmi. Ci tengo a dire che, in particolare per questo post finale, ogni vostro commento, “mi piace” o condivisione sarà utile per mantenere sempre vivo e attivo questo spazio indipendente e, per certi versi, unico.
Ci rivediamo a settembre!
Salve ragazzi, sono Fabbri Franco e mi fa piacere che questo gioco sia stato recuperato dall'oblio.
Oh si, quando la B.V Interface ( una ditta di elettronica di Forlì, Italia) mi chiese di proteggere il gioco mi sono detto quale fosse la cosa più difficile, per i mezzi dell'epoca (1985), per intercettare la routine di caricamento ?
Ovviamente , non era solo quella di nasconderla, ma anche quella di cambiare la sincronizzazione delle due routine di "load e "save" senza avere il basic facesse da intermadiario.
Infatti il gioco si caricava con un semplice LOAD "" CODE caricando tutti i 64 Kb di memoria dello spectrum.
Facendo questo c'era un piccolo problema da risolvere: finito il caricamento dove era lo stack in cui ci doveva essere l'indirizzo dell'inizio del gioco ?
Quindi si doveva sapere il punto esatto in cui il controllo sarebbe ritornato alla CPU Z80 e li mettere quell'indirizzo.
Per me è stato un grande divertimento programmare questo gioco ispirato al film di Boorman "Exalibur" uscito qualche anno prima.
Si il gioco è difficile , ma già uscivano delle interfacce per inserire le poke in tempo reale , quindi non c'era bisogno di fare un beta testing prima dell'uscita...
Tanti saluti e buon Spectrum a tutti.
bell'articolo di archeologia informatica ! "archeologia" non tanto nel senso di "occuparsi di elementi arcaici" ma piu nella chiave di "la raccolta di tracce ed elementi sparsi per ricostruire una storia ormai dimenticata" ... :)
A proposito di questo, aggiungo una curiosita' (o una traccia?) che forse ti e' sfuggita... https://www.spectrumcomputing.co.uk/forums/viewtopic.php?p=43078#p43078
Btw, vedendo quel thread ho scoperto un piccolo scandalo... ossia che e' totalmente assente la voce JCE su it.wikipedia :-O :-P ... ( c'e' una voce discretamente buona sul patron... che in parte supplisce all'assenza... idem per la GBC ) ... Pieno di spectrumisti e radiantisti e nessuno che ha fatto una voce :p ... Me lo segno nelle cose da fare :)