Grazie Andrea per questa analisi molto interessante supportata da dati e frutto di un attento lavoro di ricerca. La consiglierò agli studenti del mio corso quando gli parlerò della storia dei videogiochi.
Grazie a te, Pierpaolo! Ogni tanto mi capita di fare episodi come questo, legati alle analisi dei dati che, come puoi immaginare, sono tra le fonti di un libro eternamente "in fieri". Se ti può interessare, ne avevo scritto uno analogo l'anno scorso, in relazione a un sondaggio tutto italiano dell'84, lo trovi qui: https://quattrobit.substack.com/p/i-computer-piu-popolari-al-bias-84
Quando, lo scorso marzo, ho tenuto una conferenza sulla storia dei videogiochi agli studenti della triennale CIMO in Cattolica c'è stato un certo interesse e curiosità per l'argomento, immagino che per i tuoi studenti sarà lo stesso! Un saluto
Il tuo articolo e' la prova. che prima di parlare, o meglio, di scrivere ci si dovrebbe informare... Certo scavare nel passato e raccogliere dati ed informazioni, verificare ed analizzare costa fatica e presuppone l'utilizzo del proprio intelletto... merce rara al giorno d' oggi... bravo Andrea!!!
Grazie molte, Alessandro! Riguardo ciò che dici, posso confermare che senza raccolta di dati e informazioni non si va da nessuna parte. Rispetto a quando ho iniziato queste ricerche, ormai una ventina d'anni fa, oggi per fortuna le risorse a disposizione sono molte di più ma, d'altro canto, non ci sono nemmeno più scuse di fronte a errori e omissioni gravi, che sono frutto solo di pigrizia.
Con questo non voglio dire che ogni cosa che propongo qui sia "giusta" in assoluto, ma che è corretta sulla base delle informazioni in nostro possesso al giorno d'oggi; di sicuro ogni affermazione potrà essere specificata meglio e integrata in futuro grazie a nuove scoperte e altra documentazione. È il motivo per cui, periodicamente, torno anche su argomenti anche già trattati per aggiungere materiale. Grazie del supporto.
Io invece trovo affascinanti le storie legate al crash del mercato videoludico. Perché secondo me i fallimenti delle società di allora rappresentano in pieno il fallimento una classe dirigente che non ha mai davvero capito cosa volessero i propri consumatori. A mio modesto parere: Videogiochi "moderni", che oltre a intrattenere raccontassero anche delle storie interessanti; perlomeno questo era quello che desideravamo io ed i miei coetanei in quegli anni.
Non c'è niente da fare: fin dal principio, i dirigenti di allora si erano inculcati nella testa l'idea che quella del videogioco fosse solo una moda passeggera. E alla prima crisi del videogioco sono scappati a gambe levate gridando "ecco, io ve l'avevo detto!"
Secondo me, ciò che aveva subito una trasformazione era principalmente "il paradigma dei videogiochi". Si stava assistendo al declino dei videogiochi arcade caratterizzati da un'esperienza di gioco immediata, incentrata esclusivamente sulla sfida di migliorare le proprie prestazioni. In parallelo, stava emergendo una nuova generazione di videogiochi più complessi, in cui la narrazione era un elemento chiave e si sviluppava man mano che interagivi con il tuo personaggio nel gioco.
È incredibile come questa idea malsana secondo cui "i videogiochi non hanno un futuro" si sia diffusa in tutto il mondo per buona parte degli anni settanta e ottanta, finché Nintendo prima e Sega of America poi non l'hanno demolita a suon di record di incassi.
Be', ma non c'è scritto da nessuna parte che si tratta di storie non interessanti; semplicemente, è grottesco vedere per forza delle crisi anche nei luoghi in cui queste non sono avvenute.
In ogni caso, per quanto riguarda la situazione americana per noi è semplice parlare "col senno di poi", dato che per quell'industria non si trattava del primo crash ma del secondo, c'era anche quello dei videogiochi non-programmabili del 1977.
Di fatto, un'industria è florida solo quando c'è qualcuno di abbastanza grosso e con abbastanza capitali da trascinarla, e negli Usa questi capitali vennero investiti in ambienti allora meno a rischio, cioè quelli dell'home computing. Una scelta a posteriori DI SICURO non lungimirante (vedi Nintendo in USA), ma ragionevole.
Quello che tu vedi come un miglioramento generale dei videogiochi, a vantaggio della narrativa e della complessità, altri (come me) lo vedono anche come un'involuzione ai danni dei sistemi di meccaniche e regole, per arrivare alla forzata convergenza col cinema in un ibrido interattivo. Ma non vorrei riaccendere per forza il dibattito tra ludologia e narratologia :-D Grazie del commento, Francesco!
Grazie a te! Il proposito sarebbe quello di andare a toccare alcuni dei "luoghi comuni" dei primi anni di storia dei videogiochi... Vorrei per esempio tornare, prima o poi, sulla cosiddetta "sepoltura" dei giochi Atari perché ancora oggi vengono scritte un sacco di sciocchezze a riguardo. Penso sia un po' la stessa situazione del crash, nel senso che gli eventi eccezionali (tragici, grotteschi eccetera) hanno un appeal maggiore e vengono raccontati più volentieri anche quando sono dannatamente falsi.
Grazie! Tra l'altro tu sei uno dei "veterani" della newsletter, quindi sono contento di vedere un tuo commento all'inizio di questa nuova avventura, per la terza stagione.
Grazie Andrea per questa analisi molto interessante supportata da dati e frutto di un attento lavoro di ricerca. La consiglierò agli studenti del mio corso quando gli parlerò della storia dei videogiochi.
Grazie a te, Pierpaolo! Ogni tanto mi capita di fare episodi come questo, legati alle analisi dei dati che, come puoi immaginare, sono tra le fonti di un libro eternamente "in fieri". Se ti può interessare, ne avevo scritto uno analogo l'anno scorso, in relazione a un sondaggio tutto italiano dell'84, lo trovi qui: https://quattrobit.substack.com/p/i-computer-piu-popolari-al-bias-84
Quando, lo scorso marzo, ho tenuto una conferenza sulla storia dei videogiochi agli studenti della triennale CIMO in Cattolica c'è stato un certo interesse e curiosità per l'argomento, immagino che per i tuoi studenti sarà lo stesso! Un saluto
Il tuo articolo e' la prova. che prima di parlare, o meglio, di scrivere ci si dovrebbe informare... Certo scavare nel passato e raccogliere dati ed informazioni, verificare ed analizzare costa fatica e presuppone l'utilizzo del proprio intelletto... merce rara al giorno d' oggi... bravo Andrea!!!
Grazie molte, Alessandro! Riguardo ciò che dici, posso confermare che senza raccolta di dati e informazioni non si va da nessuna parte. Rispetto a quando ho iniziato queste ricerche, ormai una ventina d'anni fa, oggi per fortuna le risorse a disposizione sono molte di più ma, d'altro canto, non ci sono nemmeno più scuse di fronte a errori e omissioni gravi, che sono frutto solo di pigrizia.
Con questo non voglio dire che ogni cosa che propongo qui sia "giusta" in assoluto, ma che è corretta sulla base delle informazioni in nostro possesso al giorno d'oggi; di sicuro ogni affermazione potrà essere specificata meglio e integrata in futuro grazie a nuove scoperte e altra documentazione. È il motivo per cui, periodicamente, torno anche su argomenti anche già trattati per aggiungere materiale. Grazie del supporto.
Io invece trovo affascinanti le storie legate al crash del mercato videoludico. Perché secondo me i fallimenti delle società di allora rappresentano in pieno il fallimento una classe dirigente che non ha mai davvero capito cosa volessero i propri consumatori. A mio modesto parere: Videogiochi "moderni", che oltre a intrattenere raccontassero anche delle storie interessanti; perlomeno questo era quello che desideravamo io ed i miei coetanei in quegli anni.
Non c'è niente da fare: fin dal principio, i dirigenti di allora si erano inculcati nella testa l'idea che quella del videogioco fosse solo una moda passeggera. E alla prima crisi del videogioco sono scappati a gambe levate gridando "ecco, io ve l'avevo detto!"
Secondo me, ciò che aveva subito una trasformazione era principalmente "il paradigma dei videogiochi". Si stava assistendo al declino dei videogiochi arcade caratterizzati da un'esperienza di gioco immediata, incentrata esclusivamente sulla sfida di migliorare le proprie prestazioni. In parallelo, stava emergendo una nuova generazione di videogiochi più complessi, in cui la narrazione era un elemento chiave e si sviluppava man mano che interagivi con il tuo personaggio nel gioco.
È incredibile come questa idea malsana secondo cui "i videogiochi non hanno un futuro" si sia diffusa in tutto il mondo per buona parte degli anni settanta e ottanta, finché Nintendo prima e Sega of America poi non l'hanno demolita a suon di record di incassi.
Be', ma non c'è scritto da nessuna parte che si tratta di storie non interessanti; semplicemente, è grottesco vedere per forza delle crisi anche nei luoghi in cui queste non sono avvenute.
In ogni caso, per quanto riguarda la situazione americana per noi è semplice parlare "col senno di poi", dato che per quell'industria non si trattava del primo crash ma del secondo, c'era anche quello dei videogiochi non-programmabili del 1977.
Di fatto, un'industria è florida solo quando c'è qualcuno di abbastanza grosso e con abbastanza capitali da trascinarla, e negli Usa questi capitali vennero investiti in ambienti allora meno a rischio, cioè quelli dell'home computing. Una scelta a posteriori DI SICURO non lungimirante (vedi Nintendo in USA), ma ragionevole.
Quello che tu vedi come un miglioramento generale dei videogiochi, a vantaggio della narrativa e della complessità, altri (come me) lo vedono anche come un'involuzione ai danni dei sistemi di meccaniche e regole, per arrivare alla forzata convergenza col cinema in un ibrido interattivo. Ma non vorrei riaccendere per forza il dibattito tra ludologia e narratologia :-D Grazie del commento, Francesco!
Ottimo approfondimento, su un classico tra gli argomenti trattati in maniera un po' automatica. Grazie.
Grazie a te! Il proposito sarebbe quello di andare a toccare alcuni dei "luoghi comuni" dei primi anni di storia dei videogiochi... Vorrei per esempio tornare, prima o poi, sulla cosiddetta "sepoltura" dei giochi Atari perché ancora oggi vengono scritte un sacco di sciocchezze a riguardo. Penso sia un po' la stessa situazione del crash, nel senso che gli eventi eccezionali (tragici, grotteschi eccetera) hanno un appeal maggiore e vengono raccontati più volentieri anche quando sono dannatamente falsi.
Grazie! Tra l'altro tu sei uno dei "veterani" della newsletter, quindi sono contento di vedere un tuo commento all'inizio di questa nuova avventura, per la terza stagione.