State per iniziare a leggere il settimo numero della seconda stagione di Quattro Bit. In questa occasione ci occuperemo di risalire, per quanto riguarda l’Italia, alle radici del processo di localizzazione dei videogiochi, dove per localizzazione ovviamente è da intendersi il processo di traduzione e adattamento a cui i videogiochi sono sottoposti, sia per quanto riguarda la manualistica sia per i testi a schermo, per poter essere inseriti nel mercato locale.
Questa esigenza fu sentita sin dall’inizio della diffusione nel nostro Paese dei prodotti videoludici: si veda per esempio il caso di Melchioni, che importò la console Atari VCS a partire dall’autunno del 1980, e le dichiarazioni del product manager Giovanni Capparella da me raccolte nel 2015:
Le cassette arrivavano dall'America con l'imballo originale uguale per tutti i paesi, in Italiano c'erano solo i libretti di istruzione, stampati con le traduzioni da noi fornite.
Nella pubblicità (…) anche i titoli furono tradotti in Italiano, ma solo nell'elencazione, perché cosi volle la nostra agenzia pubblicitaria: temeva che mettendo i titoli originali presenti sulle confezioni i ragazzi e i loro genitori non avrebbero compreso immediatamente quale sarebbe stato il contenuto del gioco e quindi sarebbe stata una pubblicità con minor impatto. Personalmente non ero di questo parere, anzi pensavo che i titoli originali avrebbero avuto più presa sui ragazzi, perché maggiormente incuriositi.
La stessa cosa avvenne anche per la concorrenza, cioè l’Intellivision di Mattel, con il solo manuale a presentare il titolo in italiano. Per quanto riguarda i due principali third parties di quell’epoca, cioè Activision e Imagic, nel nostro Paese arrivavano le versioni internazionali delle cartucce, con istruzioni multi-lingua.
Se questo riguardava il mercato console, anche analizzando la prima fase della distribuzione per home computer si nota come si agisse principalmente sulla manualistica, accludendo solitamente un foglio con la traduzione per integrare il manuale in inglese (come nel caso delle prime importazioni della Lago), mentre per quanto riguarda la Arton s.a.s. (l’antenato della Mastertronic/Leader) generalmente le istruzioni in italiano erano stampate sul retro dell’inlay, con l’etichetta della cassetta a segnalare esplicitamente l’azienda italiana come distributore.
E per quanto riguarda i testi a video? Secondo la vulgata, i primi tentativi di localizzazione sono quelli avvenuti nelle cosiddette “cassette da edicola” piratate, che hanno dominato la filiera distributiva a metà anni Ottanta; in queste la necessità di tradurre (e cambiare) i titoli e i testi non era però dovuta all’attenzione e alla cura verso il pubblico, quando piuttosto all’uso di strategie di mascheramento del prodotto, al fine di renderlo diverso dall’originale (ma comunque riconoscibile) per tutelarsi in qualche modo di fronte a un’eventuale causa civile.
Mi è sempre sembrato strano non ci fosse stato nessun tentativo antecedente, vista comunque la diffusione in Italia di personal/home computer in migliaia di esemplari a partire dal 1979 e per tutti i primi anni Ottanta. Cercando sulle fonti d’epoca ho trovato infatti un caso esemplare, e ovviamente non posso escludere che ve ne siano anche altri, ancora da scoprire.
Quella che voglio descrivere è la relazione tra una software house americana, la Instant Software, e la società Homic di Milano. Di quest’ultima ho già parlato più volte e quindi rimando ai testi precedenti, in cui descrivevo il proprietario Hasmonai Hazan come uno dei pionieri dell’informatica personale in Italia; credo invece sia giusto spendere qualche parola in più sulla storia della Instant.
Questa nacque come “braccio software” dell’impero cartaceo di Wayne Green, figura fondamentale per l’evoluzione dell’industria informatica così come la conosciamo: partito dall’interesse verso la radiantistica (sua ad esempio la rivista 73 Amateur Radio che abbiamo citato di recente) si spostò poi anche nel settore dei microcomputer con pubblicazioni come 80 Micro (dedicata al TRS-80), Run (al Commodore 64), InCider (all’Apple II). Ma, soprattutto, Green fu il fondatore di Byte, la più importante rivista d’informatica degli anni Settanta, dalla quale fu estromesso quasi subito in modo rocambolesco, finendo per fondare una sua “nuova Byte”, chiamata Kilobaud.
È proprio mediante un'editoriale su Kilobaud che Green rese noto un suo viaggio in Italia nell’estate del 1979, descrizione che rimane ancora oggi una preziosa testimonianza del clima di quell’epoca: camminando per il centro di Firenze, notò un articolo sui microcomputer in una rivista scientifica. Acquistandola, apprese che uno dei principali distributori italiani era proprio la Homic.
Alcuni giorni dopo Green si recò quindi a Milano per conoscere dei vertici della Homic, scoprendo una realtà ancora agli inizi ma in rapida espansione, attiva soprattutto nell’importazione dei PET e dei TRS-80. Un risultato di quella visita fu proprio l’intenzione di tradurre i programmi-gioco della sua Instant Software, al fine di «supportare le vendite dei microcomputer in Italia».
La cosa fu facilitata dal fatto che in quel periodo alla Instant aveva iniziato a lavorare proprio un italiano, come responsabile del dipartimento artistico: Piergiorgio Saluti, originario di Ascoli Piceno, che fu quindi assegnato anche alla traduzione dei testi a schermo e delle istruzioni cartacee. Alcuni giochi per TRS-80 della Instant apparvero sul catalogo ufficiale dell’azienda nel 1980 e venduti dalla Homic nella sua sede di Milano.
Tra questi spiccava una versione completamente localizzata del noto Santa Paravia & Fiumaccio, pubblicato originariamente da George Blank come listato nel 1979 su SoftSide, e divenuto poi rapidamente uno degli archetipi più ispirati nel genere strategico tipo “gestione delle risorse”.
La versione creata da Saluti rivelava un titolo del tutto diverso, Acquaviva e Montefalcone; la motivazione di questo non è del tutto chiara, ma potrebbe essere un tentativo di cercare maggiore realismo e un omaggio “alle origini”, dato che Acquaviva Picena e Montefalcone Appennino distano circa 30km da Ascoli. Ovviamente una risposta definitiva a riguardo potrebbe fornirla solo P. Saluti stesso.
Troviamo riscontri effettivi nelle pubblicità italiane del 1980, in cui il gioco non è solo una mera descrizione, ma appare corredato da uno screenshot, grazie al quale è quindi confermata la traduzione del testo in italiano. Altri giochi tradotti, attualmente irreperibili/dimenticati come quello appena descritto, sono Volo Aereo e Space Trek.
Oltre a ringraziare il prezioso lavoro di Retroedicola, senza il quale questo approfondimento non sarebbe mai stato creato, segnalo che l’irreperibilità di questi software e l’oblio a cui sono stati condannati fino a oggi non deve stupire, complice la scarsa diffusione del TRS-80 nell’Italia del 1980, anche in confronto a computer coevi come il Commodore PET.
L’irreperibilità non deve comunque essere mai una scusa per dimenticare e creare narrazioni superficiali, appoggiandosi a una storia parziale e semplificata; per il momento ci limitiamo quindi a segnalare l’esistenza di questi piccoli ennesimi “graal” da ritrovare, magari abbandonati in qualche cantina o magazzino. Nella speranza, un giorno, di poterli anche catalogare, digitalizzare e conservare.
Con questa flebile speranza si conclude così anche il diciannovesimo numero (vol. 2, n. 7) della newsletter, inviato a 211 (+19) persone. La mia speranza, lo dico sempre, è quella di creare un ambiente rilassato, serio e piacevole per condividere con voi idee e approfondimenti su questi temi; ancor di più, costruire un ecosistema autosufficiente capace di sfuggire ai social network e ai loro ritmi. Se conoscete qualcuno interessato alla storia dei videogiochi e dei computer segnalategli quindi Quattro Bit, che può crescere solo grazie al passaparola. A presto!
Come di consueto, l'attesa viene ripagata con articoli che superano le aspettative.
Come appassionata, ma soprattutto "perenne neofita", mi sto rendendo sempre più conto delle difficoltà che si riscontrano non solo nella ricostruzione, quanto più accurata possibile, della storia dell'informatica e del videogioco, ma anche nel riuscire a cercare ulteriori informazioni a riguardo, nello scovare certe "chicche", nel preservare programmi difficilmente reperibili... Tutto questo, nel complesso, rappresenta un lavoro certosino, che richiede tempo, pazienza, tanta dedizione e anche, talvolta, la collaborazione e la cooperazione tra appassionati e/o con le associazioni.
Menzioni cantine e magazzini, e con questo vorrei riportare una mia esperienza (sperando di non annoiare o di divagare troppo) relativa al recupero di diversi floppy disk da un luogo purtroppo inadatto alla conservazione dei medesimi, sia per la polvere che per l'elevato tasso di umidità.
Infatti, non tutti i dischetti di cui dispongo, complice la loro età, risultano leggibili, ma ogni tanto una delicata pulizia può essere d'aiuto per il loro ripristino. Proprio in questo modo sono riuscita a salvaguardare e a "fare il dump" di un piccolo programma in BASIC che realizzò mio padre sul suo Commodore 64, quando aveva più o meno la mia età. Non è ovviamente un "graal", avendo più valore affettivo che storico, ma il suo recupero, viste le condizioni iniziali del floppy, mi ha dato una certa soddisfazione.
Credo che questa mia piccola esperienza mi abbia fatto comprendere, più concretamente, alcuni dei possibili problemi che si celano dietro il tentativo di preservare programmi provenienti da supporti magnetici ormai datati e che, ovviamente, non sono destinati a durare in eterno. Per questo motivo è altrettanto importante, per ricerche e ricostruzioni storiche di questo tipo, intervenire anche con una certa tempestività, pena la perdita pressoché definitiva di contenuti preziosi.
Non voglio però concludere il commento con un tono mesto: credo infatti che la sola presenza di tutto questo materiale sopravvissuto fino ad oggi, di per sé eccezionale, sia segno del fatto che la possibilità di reperire altri piccoli tesori, in futuro, non sia poi così tanto remota.
OT: chissà se un giorno parlerai della Midcoin. realtà geograficamente molto vicina a me, se interessa potrei metterti in contatto col figlio del fondatore (da alcuni anni deceduto).